quello muto che mi schianta i fianchi quando mi stringi
occhi, occhi grandi nuca e foce di non pensarti
gettarmi alle spalle un pugno di farfalle
stanotte è vento e luce-luna appena-appena
se smette il vento piove a impronte colorate
strisce senza vetro, acqua e lenzuolo, lenzuolo che scivola di seta
un’altra notte senza te e io senza di te mi manco
mi manco tanto.
Ventisqueras
a fili volanti di strass
Solca nuvole viola
il pianto notturno
della pioggia
a primavera,
vi apre un varco
con dita luminose
la chiglia sognante della luna,
lascia cadere l’argento:
fa magie sui prati, veste le margherite
a fili volanti di strass
e le tele di tulle dei ragni in collane
di scintille festanti.
Ventisqueras
sex
Saliva mistargento ingoio
sabbia come un letto
piega l’onda ermafrodita il limite della battigia
al suo volere ingordo
piccole luci a fottersi
le curve sinuose del quieto golfo
Ventisqueras
O falce di luna calante
che brilli su l’acque deserte,
o falce d’argento, qual mèsse di sogni
ondeggia al tuo mite chiarore qua giù! Gabriele D’Annunzio
Questa sera la luna sogna più languidamente; come una
bella donna che su tanti cuscini con mano distratta e leggera
prima d’addormirsi carezza il contorno dei seni,
e sul dorso lucido di molli valanghe morente, si abbandona
a lunghi smarrimenti, girando gli occhi sulle visioni
bianche che salgono nell’azzurro come fiori in boccio.
Quando, nel suo languore ozioso, ella lascia cadere su questa
terra una lagrima furtiva, un pio poeta, odiatore del sonno,
accoglie nel cavo della mano questa pallida lagrima
dai riflessi iridati come un frammento d’opale, e la nasconde
nel suo cuore agli sguardi del sole Charles Baudelaire
O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l’anno, sovra questo colle
Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, nè cangia stile,
O mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l’etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso,
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l’affanno duri! Giacomo Leopardi
i tre dipinti che ornano i canti alla luna di tre amati Poeti così onirici sono di un altro grande innamorato della luna Christian Schloe
Il mio blog era nato esclusivamente per la Poesia…e ogni tanto me ne ricordo
si leva il sole con una soffusa nebbia che rende i collie le colline un sogno lieve
bussa il sole alla finestra del mondo
toc toc
un mare di fiori lo sta accarezzando
gira e rigira lo stanno sempre seguendo
nel corso del suo cammino
sfiorano meraviglie in tondo
Ventisqueras
e il pieno sole, salendo dalla via volterrana anche oggi dispiega e svela tutta la maestosità del paesaggio toscano
si entra dalla porta pisana ( San Matteo, ma è detta comunemente così perchè vi si arriva dalla parte di Pisa ) di primo mattino, l’auto relegata nel parcheggio, le strade deserte, si entra in pieno medioevo, il rumore dei mie passi solitari fa eco ai fantasmi delle generazioni passate che sembrano far folla con me alla scoperta degli ultimi tesori scelti fra i mille, cui raccontare
piazza del Duomo in tutta la sua preziosità si appresta a svelarci i suoi segreti, le belle torri già conosciute nell’altro post sono schierate come guardie d’onore
fulcro della città è la spettacolare piazza del Duomo con i grandiosi monumenti: Il Palazzo Comunale chiamato anche Palazzo nuovo del Podestà e,
salendo una ripida scalinata la Collegiata di Santa Maria Assunta o più semplicemente il Duomo, costruita nel 1148 è considerata uno dei più prestigiosi esempi di romanico toscano
dal lato opposto della piazza il Vecchio Palazzo del Podestà ( che non ha più questa funzione ma è divenuto un museo ) con la torre Rognosa, un tempo proprietà della famiglia Ghibellina dei Salvucci
osserviamole anche nella loro fantasmagorica veste notturna
la luce del cristianesimo irradia fasci di strie iridescenti nella penombra della magnifica collegiata
Fede
Il mio cuore si riempie d’acqua
cielo di nubi d’inchiostro
mi si schianta addosso
-sto forse annegando?-
aggrappata a un filo di vento
m’accorgo che sto pregando.
Ventisqueras
completamente affrescata dai maggiori artisti senesi e fiorentini dell’epoca
da perderci gli occhi…e l’anima si fa leggera, leggera
la chiesa è costruita su tre navate i grandi pittori dell’epoca espressero il meglio della loro Arte:Benozzo Gozzoli, Domenico Ghirlandaio Bartolo di Fredi, Taddeo di Bartolo,
ma esistono anche sculture in legno ed tante altre opere di grandi artisti del tempo, per citarne solo uno Jacopo della Quercia
magnifico il Giudizio Universale di Taddeo di Bartolo
Santa Fina, figura locale portata agli onori degli altari ( nella collegiata il Ghirlandaio narra la sua vita con bellissimi affreschi) di lei si racconta una gentile leggenda-miracolo, ella morì in giovane età minata da una grave malattia che le procurava atroci dolori e la costringeva a stare immobile nel letto, nonostante questo chi andava a visitarla usciva da lì consolato e confortato nessuno la sentì mai emettere un lamento, nel giorno della sua morte quando fu tolta dal suo letto per le solenni esequie il letto improvvisamente fiorì tutto di violacciocche che si propagarono subito anche tra gli interstizi delle pietre della città, per questo miracolo
ora sono comunemente chiamati ” i fiori di Santa Fina”
naturalmente San Gimignano abbonda di splendide architetture religiose medievali questa è la facciata in mattoncini e volte ad arco di San Bartolo
lo spettacolare interno di Santa Maria dei Lumi ( non trovate incantevole la sua titolazione? ) si dice dovuta ad una apparizione miracolosa avvenuta circa nel 1500 ai Sangimignanesi
misteriosamente avvolta di fantasmagoriche luci certo di origini divine
altro stupendo portale quello della chiesa di San Francesco in stile romanico- pisano- lucchese eretta circa nel XII sec in origine dedicata a San Giovanni,( costruita nell’omonima, ma poi tuitolata al Poverello di Assisi ) di cui si è conservata solo la parte inferiore
in questo dipinto si può vedere come fosse stata la chiesa alle sue origini
in mezzo a tutti questi pregevolissimi repeti storici penso non debba affatto stonare l’immagine molto attuale di uno splendido micione!
ma per lalutarvi ed invitarvi al prossimo post è certo più adatta una immagine ” turrita” sotto un cielo imbronciato, a presto
come un grande vascello candido il Castello di Miramare, quello che doveva essere il nido d’amore di Carlotta e Massimiliano D’Asburgo, sembra ancora attendere i due sfortunati amanti per salpare con loro verso il largo e trovare in un’altra dimensione i loro sogni
se interessati, in questo primo post su Miramare potrete trovare tutti dettagli storico-culturali che riguardano il Castello e i suoi ospiti nel tempo
Il viaggio
Dal mio quarto piano sopra l’infinito, nella plausibile intimità della sera che scende, alle finestre verso lo spuntare delle stelle, i miei sogni viaggiano in sintonia con la distanza evidente per i viaggi verso paesi sconosciuti, o immaginati o soltanto impossibili. Fernando Pessoa
mi è impossibile viaggiando verso Trieste non soffermarmi qui per l’ennesima volta…uno sguardo dall’interno del Castello-Museo: una finestra che incontra il mare ed ancora i battiti del cuore accelerano e il tempo va a ritroso Red passion
giovani, belli, innamorati…fu questo a far preferire il colore rosso della passione per arredare il loro nido ? ho immaginato, nella pazzia di Carlotta che è morta aspettando il ritorno dell’amatissimo Massimiliano,( fucilato in Messico, e da lei mai creduto morto) vagando da una finestra all’altra tra il rosso dei tendaggi e il rosso del tramonto
Impazzire d’amore ( A Carlotta D’Asburgo )
Vele rosse
con la marea che avanza
vele rosse
sottovento pensieri alla deriva,
chiodati alle alberature
da albatros fantasma
toccano come dita umide
le alghe la fronte
il succo amaro della riva avanza
lontana e prossima mai abbastanza
ha la prua
un grifone d’argento
rosso e oro il cielo del tramonto
rosso, oro e argento
dondola un suono di campana
è il tempo che batte rintocchi
fermo alle unghie rotte
del giorno e della notte
nulla contro nulla
i piedi toccano la terra-rumore di sangue
in punta di miele d’acacia e di coltello-
irreale scogliera- l’ultima-
tra i boschi la ghiandaia nera-nera
nel nido si rinserra, d’infinito canta
si elevano gli occhi e la schiena
le combinazioni danzanti nelle costellazioni
contendono lacrime di stelle sui tappeti rossi delle nuvole
ogni giorno spazzolati dagli ultimi raggi del sole
mi mancano i ginocchi e le parole.
Ventisqueras
uscendo all’aperto il candore accecante del castello per un istante fa dimenticare la tragedia appena passata come un’ombra sugli occhi
la fantasioa e insieme austera architettura dei giardini scendendo giù al porticciolo, mi ricorda visioni di tappeti rossi stesi per l’arrivo di ospiti importanti, fra cui la Principessa Sissi ( Elisabetta d’Austria )
anche lei vittima della maledizione della sfinge che vuole gli ospiti illustri morire prematuramente di morte violenta
eppure allo sguardo è un rilassante incanto di bianco-verde-ocra…..
nello sfondo la sfinge trafugata dall’Egitto, in posa ieratica fa subito sentire forte la sua maledizione
“da le animose tavole: una sfinge
l’attrae con vista mobile su l’onde:”
Giosuè Carducci da Miramar
solo qualche gabbiano impavido sembra non curarsene
( i risultati si vedono! ben le sta, ha ha)
ad ogni angolo si trova uno spunto diverso e gentile
Le statue del parco
immemori e immote si offrono volentieri allo sguardo ammirato
un perfetto sguardo sull’orizzonte senza scorgerne la fine
” sursum corda”
dal ” Castelletto” un cannoncino minaccia, non si sa bene che cosa
“O Miramare, a le tue bianche torri
attediate per lo ciel piovorno
fosche con volo di sinistri augelli
vengon le nubi.
Miramare, contro i tuoi graniti
grige dal torvo pelago salendo
con un rimbrotto d’anime crucciose
battono l’onde”
Giosuè Carducci da Miramar
perché tanta bellezza lascia infondo al cuore tanta tristezza?
Sotto l’azzurro fitto
del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto:«più in là» Eugenio Montale
posto sulle falesie a 70 metri sul livello del mare l’antichissimo insediamento incrocio di diverse culture Sistiana ( Sesljan in sloveno ) piccola frazione ( circa 2500 abitanti ) del comune di Duino-Aurisiana
veglia sulle spiagge di finissima sabbia, ora divenute con Grado centro di villeggiatura di eccellenza di questo tratto di costa che si sviluppa sulla direttrice nord-ovest/sud-est
Sistiana-Porto Piccolo, incantevole rifugio naturale per natanti
alto sulla falesia l’abitato di Sistiana, con la visione di Porto Piccolo progettato da LAND GROUP srl Milano tenendo conto e valorizzando al meglio l’ambiente e la vecchia cava di pietra
progetto modernissimo a struttura circolare ricorda un anfiteatro greco-romano o un alveare, architettonicamente interessante è vero, però ne resto molto perplessa, questa cementificazione mi sembra eccessiva anche se dettata da intenti lodevoli per lo sviluppo turistico e la conseguente agiatezza che ne deriva all’intera zona
.Abitata in epoca protostorica, secondo molti studiosi fu proprio questa località ad ospitare il primo insediamento latino nella provincia di Trieste, provenente da Aquileia era la popolazione autoctona degli Histri da cui deriva l’attuale denomizione della zona “Istria“
Durante la dominazione romana la località accoglieva i patrizi tergestini ( cioè legionari romani) che già allora avevano scelto Sistiana come luogo di villeggiatura, vi si trovano ancora i resti di una loro villa, probabilmente la baia era già stata utilizzata da popolazioni pre-romane alcuni secoli prima
impossibile non menzionare che nell’intera zona si possano degustare ottimi piatti a base di pesce, soprattutto, nei piccoli deliziosi ristoranti del tutto informali, come piacciono a me, con personale squisitamente gentile e semplice
e sovviene la sera
con piccoli passi colorati
un crepuscolo di azzurro e di rosa
sfuma pensieri e raccoglie
domande di stelle.
Ventisqueras
una musica in lontananza e i colori di perla rosata e di turchese illanguidiscono nel cielo della sera trasportando la mente a un lontano vissuto
il sentiero di Rilke non lo avevo percorso tutto il giorno prima partendo dal Castello di Duino e ho voluto ripeterlo a ritroso. La mattina di buonora le falesie rilucevano invitanti nel primo sole
e l’ncredibile passeggiata a snodarsi avvincente tra cielo e mare. Intanto che camminiamo finisco di raccontarvi la storia di Sistiana 😉 Nel Cinquecento furono contesi i confini tra i signori di Duino e il comune di Trieste, allora era conosciuta come Cessiana o Cisigliano
durante l’ottocento la zona era sotto il dominio austriaco (Venezia Giulia Asburgica ) fu dato impulso al turismo con la costruzione dei primi alberghi nella baia
e durante la prima guerra mondiale fu base della marina austroungarica a Trieste.Contemporaneamente era presente come combattente italiano anche il grande Poeta Gabriele D’Annunzio col grado di tenente dell’aviazione il Vate ospite nel castello di Duino
“La passione in tutto. Desidero le più lievi cose perdutamente, come le più grandi. Non ho mai tregua.”
una foto autografata da D’Annunzio durante la storica trasvolata su Vienna ideata dallo stesso e compiuta il9 agosto 1918, indomito e trascinatore fu eroe e idolo di una intera nazione, il biposto era un 11Ansaldo S.V.A. dell’87 Squadriglia Aereoplani
con il quale vennero lanciati migliaia di manifestini tricolori provocatori nel cielo di Vienna, esortanti alla resa e alla non belligeranza
nel corso della seconda guerra mondiale fu base di sommergibili della Kriegsmarine tedesca tuttora in alcuni bar del porto se ne conservano nome e ricordi
alla superba bellezza dei luoghi si sono sovrapposti pensieri inquietanti, che inquinano la serenità, meglio andare avanti reclamando l’aspra bellezza delle falesie
si alternano formazioni rocciose chiare a rocce scure anche di diversa conformazione morfologica, il lato di Sistiana è molto più selvaggio di quello fiorito del Castello di Duino,
ma ugualmente straordinario
i fiori qui sono tutti spontanei, a volte anche rari: un allium ochroleucum
antirrhinum-majus-subsp-majus
di questa specie non conosco il nome, penso sia un ochideacea
….se qualcuno ne sa di più…
una tenera campanula ha trovato spazio nella roccia
e finalmente come una magica visione in uno sbuffo di foglie rosse appare in lontananza il castello di Duino, la meta è raggiunta è ora di tornare
è scesa la notte, e il rosso del tramonto lentamente colma di luci sempre più scure la riva del mare, con me saluta questo piccolo-grande angolo di paradiso
La vita è ciò che facciamo di essa . I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo. Fernando Pessoa
Impavido sulla rotta del vento costruito sulle rovine di un avamposto romano, ingloba una torre del XVI secolo, A strapiombo sopra una roccia carsica sfida secoli e ricordi gloriosi è il Castello di Duino
un panorama incredibile lo ha fatto meta nei secoli di visitatori eccellenti, si dice abbia soggiornato qui anche padre Dante, certo avrebbe potuto ispirargli qualche canto del Paradiso :-)!
Piccoli ricordi di perla
Prendo note sulla punta delle dita
per stendere tra le finestre dei sottotetti
il bisbiglio delle stelle che gocciano di luce
è la melodia dei ricordi a battere tasti silenziosi
il vento passa sulle soglie addormentate
elemosinando piccole perle
dalla malinconia dei giorni asciutti
dietro la trasparenza dei vetri.
Ventisqueras
di proprietà da oltre 420 anni della famiglia Della Torre Valsassina ( in tedesco, visti i diversi rami della famiglia nello scorrere dei secoli :Thurn-Hofer und Taxis Valsassina )
la storia di questo potente casato è legata alla gestione dei servizi postali, esercitò questa attività in diversi stati europei per più di 350 anni
lo edificò nel 1380 Ugone da Duino, capitano di marina da Trieste, in sostituzione del Castelvecchio risalente al X secolo
i cui scenografici resti rendono più suggestivo l’insieme
incredibile spettacolo delle falesie ricadenti a mare con strie chiare contrastanti strati diversi di colore!
ma torniamo al castello e alla sua storia
furono qui ospitati artisti e letterati famosissimi fra cui Listz D’Annunzio,
Rilke, Twain, Strauss ( oltre al già ipotetico citato Dante ) …e scusate se è poco!
si sarà loro presentato in magnificenza l’ingresso al castello
ossequiati dalle grandi sculture classicheggianti
mentre Nettuno con il suo tridente da un balcone dominava il mare
al centro del cortile interno, inglobato nella costruzione, il torrione del XVI se
in questo magnifico castello, il Poeta e scrittore praghese Rainer Maria Rilke nel 1912 iniziò a scrivere la composizione Elegie duinesi, ospite della principessa Maria cui dedicò successivamente l’opera
Cerchi che si tendono sempre di più
ampi sopra le cose della mia vita.
Forse non chiuderò l’ultimo
ma voglio tentare.
Giro attorno a Dio, all’antica torre,
giro da millenni
e ancora non so se sono un falco, una tempesta
o un grande canto
Rainer Maria Rilke
all’interno si trova anche una delle suggestioni geniali dell’architetto Palladio
.questa scalinata incredibile roteante nel rosso
e il pianoforte che udì suonare Listz forse il suo ” sogno d’amore”
ogni castello che si rispetti DEVE avere la sua leggenda o il suo fantasma,questo ha la leggenda della ” Dama bianca”, si narra che fu gettata dal marito( sospettoso di un suo tradimento…’naggia, sempre femminicidi! )dalle mura del castello, ma un angelo la sostenne e prima che sifracassasse sugli scogli la tramutò in roccia, ed è ancora là ai piedidel castello carezzata in eterno dalle onde
Il sentiero di Rilke
Partendo dall’abitato di Duino, attraversando sentieri scoscesi,
sopra falesie e terrazzamenti a gradoni abilmente coltivati con stupendi fiori che la illeggiadriscono ad ogni stagione
immersi nella una lussureggiante macchia mediterranea
rappresenta un grande richiamo per gli escursionisti, fino a raggiungere
l’ incantevole baia di Sistiana
dove si clonclude il sentiero fiorito
talvolta si fanno anche di questi incontri, lucertoloni che stanno
a crogiolarsi al sole, un po’ sospettosi in vero! i duinesi hanno
voluto dedicare al grande letterato amico della loro terra questo sentiero,
se in giornata ottimale,neanche si sente la stanchezza
per la lunga scarpinata!
se avete in programma un matriminio, si consiglia di dare un’occhita a quello che vi organizzeranno quassù ( certo si deve avere una specie di tesoretto per farlo, he he ma di sicuro sarà principesco:-).I proprietari forse per mitigare i grandi costi di gestione della proprietà ve ne organizzeranno uno da fiaba!
ma vogliamo farci mancare il solito stratosferico, oro rosso del tramonto? certo che no! e allora” daje cor rosso” come direbbero i romani!
Se non vi ho annoiato troppo, che sono stata lunghetta, alla prossima, ancora verso Est!
la nebbia del mattino quando dolcemente evapora accarezzata dai primi raggi del sole…
scopre paesaggi che chi li ha visti anche soltanto per una volta li porterà per sempre scolpiti nell’anima
è quella che noi pisani chiamiamo la via delle colline pisanee che il National Geographic ha inserito fra le 100 più belle strade del mondo …come dargli torto?
all’altezza pressappoco di Pontedera e poco distante da dov’è la mia residenza, si devia dalle comode e transitatissime strade di grande comunicazioni o autostrade
per inoltrarsi in una via secondaria che attraversa territori poco abitati
L’insieme si frantuma e si evidenziano i particolari, piccoli borghi dalle case in pietra non sembrano reali, ma dipinti da un grande artista paesaggista, nomi per me dolci come l’uva matura conosciuti e scanditi ad uno ad uno
Castelfalfi
Montaione
Terricciola
vicoli e case come sculture antiche
Lajatico, qui la strada attraversando in basso il centro abitato passa proprio dal paese natale del grandissimo Andrea Bocelli
e qui in mezzo al velluto delle “sue” colline il Maestro ha creato dal nulla il magico Teatro del Silenzio
Passando in primavera si nota solo il laghetto attorno al quale si verifica a fine luglio, rigorosamente all’aperto
il grande evento che coinvolge migliaia di spettatori e le più grandi star dello spettacolo internazionale
questo video è autobiografico, stralci della vita di Andrea da bambino, nella tenuta dei suoi genitori a Lajatico, ed è drammaticamente scritta e dedicata per morte dell’amatissimo babbo, che tanta parte ha avuto nell’educazione e nell’amore per il figlio. Lo ha accompagnato insieme alla madre in quella che poteva essere anche una insuperabile difficoltà nella sua vita e che invece l’ha condotto a primeggiare nel mondo intero
chissà se questa sua grande voce, così potente,calda e vallutata l’ha rubata proprio a questa sua ( nostra) impareggiabile terra
Con le stagioni si evidenziano dai colori della natura, sterminate distese di giirasoli
e tl rosseggiare dei papaveri tra il grano
o davanti allo scoppiettare del camino l’autunno, con le castagne e il vino nuovo….siamo nella terra del Chienti DOC, ricordate ?
moltissimi stranieri, soprattutto nordici, tedeschi, olandesi, norvegesi ecc. hanno preso casa qui per viverci stabilmente o trascorrerci le vacanze in una atmosfera rilassante e idilliaca
sfiorerà Volterra , la bellissima città etrusca
dai lunari panorami mozzafiato
fino a condurci al bivio di Castagno dove finisce la provincia di Pisa e si entra in quel di Siena
giungendo al tramonto gia da qui si scorge nell’infuocato suo clamore, troneggiante sulla collina San Gimignano e le sue antiche torri…ma questa è una storia che vi racconterò un’altra volta
ora voglio salutarvi facendo un piccolo omaggio al cipresso, questo nobile ed elegantissimo albero che sempre in primo piano o in lontananza
integra e completa la perfezione del paesaggio toscano
e mentre si addensano le ombre della sera e si accendono le luci negli splendidi rustici di pietra
l’ultimo saluto lo rivolgiamo a lui
Cipressi
Salgono in ordinata fila
sgranando la collina silenziosa.
Preme il cielo di rosso
come una trina ordita
da demoni danzanti sul crinale.
E presto saranno le stelle
a domandare, dove si ferma
il passo nel cammino…
dove dolente l’ammasso
di speranze, s’andrà a posare
l’incerto della vita
in calici frementi assaporare
a capitarci così, in un giorno di nebbia quando la piana è sommersa dalla sua coltre ovattata e solo la sommità del vecchio borgo di Civita affiora da un ipotetico nulla
ecco che ritorna prepotente il sogno delle fiabe che vanno scomparendo lasciando scie di malinconia come lontane comete assorbite dai buchi neri all’origine dell’universo
un’isola incantata sospesa tra sogno e realtà ed anche quando la nebbia si dirada resta il sogno, immutato nel tempo
una immensa luna piena che troneggia, alta, riaccende la magiae si pensa di non stare più sognando ma che le comete di ghiaccio ritornino a portare la luce della Bellezza rapite da un lontano universo
queste parole che sembravo cadere dal cielo mi danno modo di rendere omaggio ad un “alieno” da poco ritornato nel suo mondo, il grandissimo “Duca Bianco”
Alla luce del sogno
Tra nere farfalle una chiara fontana di luna
zampilla
abbandonati i bianchi serpenti della nebbia
arde un falò di luce indossando collane di stelle
vaga inconsapevole in un tremore d’argento
a un ritmo che non muta
sanguinando trafitta dal pugnale del tempo.
Ventisqueras
La valle dei Calanchi
onde sonore come candide schiume marine increspano la valle dei Calanchi che si estende tra il Lago di Bolsena ad ovest e ad est la valle del Tevere nel comune di Bagnoregio
emozione tattile perduta nel trascorrere dei millenni morfologicamente disegnata dalla corrosione dei fiumi e dele frane. Il territorio è costituito da due formazioni distinte per cronologia e tipo.
quella più antica è argillosa, di origine marina, costituisce lo strato base più soggetto all’erosione nelle cui pieghe scorrono torrenti impetuosi, e una vegetazione perlopiù composta da canneti, rovi e bassi cespugli
in questa vegetazione esistono piccoli fiori molto coriacei che resistono nelle zone di aridità come le splendenti ginestre, i frutti dei rovi le succulente more selvatiche, i delicati cystus o rose canine che ingentiliscono i calanchi
gli strati superiori sono costituiti da materiale tufico e lavico, la veloce erosione è dovuta oltre che all’opera dei torrenti e degli agenti atmosferici
anche alla mano dell’uomo che ci ha messo del suo con un feroce disboscamento.Su questi materiali relativamente meno friabili poggia Civita di Bagnoregio detta -la città che muore- in assoluto uno dei borghi più belli e suggestivi al mondo.
furono gli Etruschi circa 2500 anni fa a fondare Civita, ( purtroppo non ci è stato tramandato il nome da loro scelto per questo sito ) Posta lungo una delle vie più antiche italiane che congiungevano il Tevere – a quei tempi grande via di comunicazione fluviale del centro Italia- al lago di Bolsena,
all’antico abitato di Civita si accedeva mediante cinque porte
oggi quella detta Santa Maria della cava è rimasto l’unico accesso
con queste incredibili visioni di Civita finisco qui la sua presentazione, nel prossimo post ci addentreremo nella magia del borgo costruito su basi etrusche, proseguito dai romani, ed ancora rivestito da pietre medioevali e rinascimentali. A presto,dunque, un grazie e un abbraccio da
Minniwater: dalla parola “minni”che in olandese significa “amore”questa idilliaca localitdà appena fuori Bruges viene denominata” lago degli innamorati” o “lago dell’amore”
niente di più appropriato per questo luogo incantevole ed incantato che anticamente fu il bacino da cui le navi provenienti da ogni parte del mondo conosciuto-perfino dalla lontana Russia – arrivavano con le stive cariche di sete, vini, spezie,e lana e ripartivano con il carico del prezioso panno fiammingo
il suo meraviglioso parco è meta rilassante per i turisti o i cittadini di Bruges in ogni mese dell’anno, ma in estate e nella tarda primavera che si muta in una oasi paradisiaca con i concerti e le varie rappresentazioni artistiche
e qui torna a riproporsi con dolce violenza la parola “fiaba” e la parola “amore”
i testi sono tratti dalla Silloge” Soffi penduli d’amore”
Sillabe di luna sulla guancia smorta
a te piegava il sogno sull’erba abbandonato
come a ridire il tuo nome dolce di polline
sul labbro superiore leccato.
a riso tuo mi specchio in semicerchi gloriosi
di vento profumato.
Ventisqueras
la Grande musica immortale non ha confini ed anche su nel nord non ho trovato modo migliore per onorare l’Amore e gli innamorati di quella sublime del toscano di Livorno Maestro Pietro Mascagni con l’ineguagliabile esecuzione del direttore d’orchestra Maestro RiccardoMuti, un po’ di sano orgoglio italiano non ci sta mica male, no? 🙂
C’è una radice amara nel vento che porta la pioggia
cado minutamente sopra di te, divento
l’aspra sostanza che ti bagna. Il ramo fiorito
del melo, ti sono, dove l’ape che il suo fiore feconda
è il sospiro innamorato che per te si sosta.
Ventisqueras
i cigni di Bruges
i cigni, questi splendidi e maestosi uccelli sono uno dei simboli di Bruges, se ne vedono ovunque nei canali, nei prati e allietano l’atmosfera rendendola ancora più romantica
racconta la leggenda che nel 1488 gli abitanti della città uccisero un amministratore ritenuto corrotto appartenente alla corte dell’odiato imperatore Massimiliano D’Austria succeduto alla guida del Ducato dopo la morte della moglie Maria di Borgogna
l’uomo assassinato era tale Pieter Lanchals che tradotto dal fiammingo significa ” collo lungo”, Massimiliano adirato con la popolazione punì i cittadini di Bruges obbligandoli a mantenere per l’eternità sui laghi, fiumi e canali del suo dominio i cigni che ricordavano col loro collo lungo il nome del suo servitore ucciso.
” “”
il cigno stilizzato viene anche riprodotto come sostegno per le panchine del lungo fiume
Queste leggende e interpretazioni romantiche sono datate dal XIX tramandate a voce dalla popolazione, un’altra di queste di queste parla del soprannome dato ai cittadini di Bruges Zot, ( matti ) risale ancora ai tempi dell’odiato imperatore Massimiliano che aveva dato un bel giro di vite all’agiatezza dei cittadini quando assunse il potere esagerando con le tasse ( tipo come ora in Italia, he he, ma qui da noi non c’è nessun Massimiliano con cui prendersela, sono tutti massimiliani!)
nel 1448 Massimiliano si recò a Bruges per sedare una ulteriore rivolta ma fu fatto prigioniero e in seguito però rilasciato.La sua rappresaglia fu dura, fra l’altro tolse la possibilità di fare i mercatini ( che erano una grande risorsa per il popolo) e proibì ogni tipo di festa. Per farsi perdonare i c suoi sudditi organizzarono una grande sfilata festosa con canti e giullari e vessilli con mille giochi e colori, e riuscirono a far pace col loro re :gli chiesero di ripristinare feste e mercati ed anche un nuovo ospedale psichiatrico,( !!!! ) le prime richieste furono accolte all’ultima rispose” Non c’è bisogno di un muovo manicomio, basta chiudere le porte della città!” così da allora i cittadini di bruges vennero chiamato Zot ( matti) questo epiteto viene scherzosamente riprodotto da una birra locale
vista la grande quantità d’acqua facilmente si osservano ogni genere di uccelli acquatici, molte le simpatiche oche
un vero culto è dedicato anche ai cavalli che in grande quantità scorrazzano con le carrozze portando a passeggio i turisti nella città e dintorni, a loro dedicato questo molto particolare monumento
ancora visioni da sogno, impossibile definirle tutte
dal ponte dell’ antica torre di vedetta
si ha una stupenda visione panoramica della città
e mentre si avvicina la notte e mille lucette si accendono sul lago riflettendo fantasmagoriche ombre ondeggianti, penso che domani con il sole il mio tempo qui sarà scaduto e sarò pronta per salire ancora più a nord certa di portare con me tutti i tesori di questa città, proprio tutti, senza tralasciarne nessuno! Sarei veramente felice se fossi riuscita a far amare questa fiaba del nord anche a coloro che ancora non la conoscessero e ravvivarne la memoria a quelli che già l’hanno conosciuta, un abbraccio
La Onze lieve Vrouwekerk ( Chiesa di Nostra Signora) visibile da ogni parte della città di Bruges con il suo campanile alto ben 122 metri, terzo edifico in mattoni più alto del mondo dopo la Mole Antonellianadi Torino e la Chiesa di di San Martino a Landshutin Germania
si erge sopra una marea di tetti appuntiti ed è una visione quasi surreale. La prima chiesa in questo luogo fu una cappella carolingia sorta intorno all’875, in seguito divenne parrocchia indipendente e nel 1216 iniziò la costruzione della chiesa così come ora la vediamo
la parte più antica, la navata centrale, fu costruita in pietra di Tournai, nel tipico stile gotico di Shelda ( Sheldegotick dal nome del fiume fiammingo )
come tutti gli edifici costruiti in epoche diverse ne risultò variato anche lo stile aggiornato all’epoca del momento, nel 1450 si conclusero i lavori con il Portale del Paradiso in stile gotico-bramantino
la prima torre eretta crollò nel 1163, fu ricostruita fra il 1270 e 1l 1340, la parte finale venne aggiunta nel XV sec.Tipico di questo gotico è l’uso del mattone
incastonata al centro della chiesa, in un sontuoso trittico, incorniciata da colonne che sembrano proteggerla, è certo la più fotografata dai turisti, e certo il monumento più famoso dovuto all’italianità del genio di Caprese Michelangelo Buonarroti,la pala, scorrendo dal lungo corridoio mostra appunto il suo più grande tesoro artistico
una Madonna col Bambino conosciuta appunto come: La Madonna di Bruges,scolpita intorno al 15o4 e originariamente destinata al Duomo di Siena, fu acquistata invece da due mercanti di Bruges che nel 1514 la donarono alla chiesa dov’è ancora ospitata
Mater dulcissima
Urto di mare
contro
l’infinita notte
Uno in due
candido corpo
sollevò Amore.
Uno in due
pieghe semiaperte
da vie d’acqua e di sangue
sorge
casta e nuda
la Vita.
Ventisqueras
( grazie ad Antonella per la sua ineguagliabile voce e a Fabris per la sua immensa Poesia. femmine un giorno e poi madri per sempre il condensato della vita in otto parole )
unica opera del grandissimo artista ad avere lasciato l’Italia prima della sua morte.La scultura è stata per ben due volte trafugata da occupanti stranieri e recuperata, la prima volta durante la rivoluzione francese ( he, ‘sto Napoleone!!!!) la seconda nel 1944 dai tedeschi, doveva far parte del Museo di Hitler ( altro riconosciuto depredatore di tesori altrui!!!) che avrebbe dovuto sorgere a Linz
non si potrebbe non attribuirla a Michelangelo tanto nelle forme e nella potenza racconta in ogni suo particolare la sua provenienza.Nel periodo della creazione di questa scultura Michelangelo lavorava a Firenze al Davidma non disdegnava committenze private. L’opera fu imbarcata a Livorno in gran segretezza probabilmente legata al clamore che ogni sua opera smuoveva e forse non voleva spazientire altri committenti che stavano in attesa, venne pagata 4000 fiorini, cifra enorme per l’epoca.
il volto della Madonna lo trovo particolarmente asciutto, quasi severo, come se meditasse sul destino che suo Figlio avrebbe avuto su questa terra
la dolcezza sembra tutta incentrarsi nel volto del piccolo Gesù e nel tenerissimo intrecciarsi delle mani
nello spazio coro dietro l’altare maggiore si trova un dipinto rappresentante la crocifissione di Bernard Van Orley
e i sarcofagi di Carlo il temerario di Borgogna ultimo della dinastia di Valois
e di sua figlia la duchessa Maria di Borgogna, entrambe le effigi in bronzo dorato riposano su lastre di pietra nera e sono incoronate, le mani giunte tenute alzate sul corpo in una posizione innaturale che io non avevo mai visto in un monumento funebre,quasi un’elevaziose dello spirito sul corpo
un ultimo scorcio della navata centrale con il grande crocifisso che domina l’interno, ed usciamo per le strade di Burges
la grande fontana sulla piazza della Torre Civica ci accoglie con i suoi spruzzi festosi
dalle vetrine occhieggiano preziose trine delle Fiandre nelle più varie trasposizioni
e bellissime porcellane nel classico bianco-azzurro, da me molto amate
qualcosa di rosso
allontanandoci dalle vie del centro per cercare i canali, si attraversano vie silenziose dove capita d’incontrare di tutto, sopra questi scalini vasi di agrumi…mi chiedo come faranno per entrare in casa? li saltano o li spostano? mah 🙂
una dolce nonnina con i tipici zoccoli, intesse con perizia e pazienza i suoi ricami preziosi
o questo buffissimo cagnone che spunta dal un cancello, avrei tanto voluto strapazzarlo e coccolarlo un po’…ma il suo sguardo era davvero poco rassicurante!
i canali offrono sempre angoli di sogno
tutto è quieto e silenzioso, mi chiedo dove siano finiti gli abitanti, ma forse sono inavvertitamente entrata nella macchina del tempo che mi sta riportando indietro di secoli e il rumore assordante delle nostre città è ora un ricordo insostenibile
le prime ombre della sera accentuano questa sensazione, ma l’arrivo di ciclisti mi riporta drammaticamente alla realtà è una continua altalena fra sogno e realtà, la voce potente e vellutata di Bocelli mi sorprende da una finestra spalancata, mi coglie una improvvisa saudage per la mia terra
che subito passa quando le luci si fanno più brillanti e invitanti.Un altro giorno è passato con immagini che mi seguiranno per sempre racchiuse infondo al cuore.
Non sete, non molli tappeti,
ma come nei libri hanno detto
da quattromill’anni i profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Da quattromill’anni s’attese
a quest’ora su tutte le ore.
E’ nato, è nato il Signore!
E’ nato nel nostro paese.
Guido Gozzano
le dolci Poesie della tradizione della nostra infanzia. Il Natale, il Presepio e i canti di Natale fanno parte della nostra storia, del nostro essere, della dolcezza dei nostri ricordi di bambini credo che sia un nostro preciso dovere e diritto tramandarli alle future generazioni
La bella Siena in tutto il suo splendore, la Piazza del Campo dove si corre il suo famosissimo Palio delle Contrade
per festeggiare il Natalr ospita un mercatino
le sue strade, e i suoi storici palazzi sono ancota più suggestivi addobbati di lici e colori
a Lucca esiste un luogo straordinario unico al mondo, sopra un antichissimo anfiteatro Romano, in perfetta sequeza sono state costruide delle abitazioni, anche’esse molto antiche
ed anche qui si tiene un delizioso mercatino
en, no! nella mia bella Pisa il mercatino di Natale non si può tenere nel Campo de miraoli, ovvio, si fa festa in Borgo
davanti al Palazzo Comunale
sui lungarn
e dai ponti
e poi, ovvia una bella immagine della piazza illuminata ed è sempre Natale!
non poteva mancare la versione di Adeste Fideles nella versione di un grande cittadino pisano, Andrea Bocelli, in contrasto con la straordinaria vocalità di Enya la sua potenza di velluto, Frank Sinatra quando lo sentì cantare per la prima volta disse di lui ” Se Dio avesse una voce sarebbe questa!”
da Livorno ad augurarvi buon Natale un tre alberi di luce, l’Amerigo Vespucci, orgoglio della città e di tutta la marineria italiana
Pistoia e le sue mille lanterneed ancora dalla provincia di Pistoia la sua rinomata stazione sciistica di L’Abetone : un albero di luci fra la neve
ed ancora da Prato un’altra straordinaria coreografia, con antiche statue che fanno da sentinelle d’onore ad un elegantissimo e stilizzato albero di Natale
Natale al mare
Come uno schiaffo l’odore del mare
notte di stelle da un lontano Natale
Dove si è perso Gesù Bambino?
quello accanto al pane soffice vicino al camino…
L’odore del mare come uno schiaffo
stelle inquiete che andavano e venivano
in un girotondo senza fame né tempo
nella luna, nuotava una stella mattutina
la luna
quella infinita lievitava col pane vicino al camino
gialla, gialla, fatta di miele tutta da spalmare,
il cielo incoronato di rami d’abete era per il vento
duro come un muro,
la fiamma: un fuoco piccolo a ondeggiare
piccolo Presepe dal profumo di pane
di un lontano, troppo lontano Natale al mare.
Ventisqueras
e per finire in bellezza una fra le città in assoluto più belle al mondo, per c
la quale ogni aggettivo superlativo stato adoperato, cantata e amata dai più grandi artisti e Poeti Firenze
ed ora saliamo sulla slitta di babbo Natale che ci condurrà incontro al nuovo anno sperando che per tutti sia
nostalgia? molta.Forse perché negli ultimi mesi ho scritto molto sulla mia città o forse perché questi ultimi tempi frenetici è come se me l’avessero tenuta a distanza.
è la prima volta che invio un post dalla mia “lontananza” soprattutto emblematicamente con immagini tempestose: fulmini su Piazza de’ miraoli e l’ultima grande piena dell’Arno che per alcuni giorni ci ha tenuto tutti con fiato sospeso.Sono immagini spettacolari e insieme paurose ma noi pisani sappiamo convivere con la furia del fiume che come la vita è insieme odio e amore.
ma presto si torna a gioire della quotidianeità come magnificamente racconta questa immagine di M.Ardilio
i vecchi gloriosi palazzi dei lungarni che sembrano far schiera compatta a fronteggiare i mille nemici con cui Pisa con orgoglio mai domo ha combattuto
ed ora si beano del placido scorrere fra le luci ovattate del tramonto e una grande luna gialla molto curiosa
e le guglie di Santa Maria della Spina innalzano in controluce tabernacoli tabernacoli di preghiere nella sera
Sguardo sulla città in un giorno di vento impetuoso
Dove e a che ritornare.
S’impigliano i pensieri sui pinnacoli gotici
tentacolari di Santa Maria della Spina esaltata
nei suoi marmi venati d’universale.
Dove e a che ritornare.
Voli di colombe sulle spallette dei lungarni
dilaganti in semicerchi chiari
sostano sulle antiche pietre mentre
i palazzi austeri intorno i caldi colori
nell’oro vanno a sconfusare
il vento di terra sospinge all’interno il mare
increspature spumeggianti di minime
onde schiantano pensieri a Bocca d’Arno
Pisa a ingoiare
….dove e a chi ritornare.
Ancora sulla mia spalla la tua mano
si posa chiama alla barca che avanza
vuota
non so più se è amore quello che
eterno mi dai quello che non ti posso
dare
dammelo
forse mi può bastare
buttalo
forse lo potrò scordare.
Ventisqueras
si frantumano i particolari e si amplia l’orizzonte, la piana rigogliosa si estende fino al litorare passando il vento a frusciare sul parco marittimo della pineta di san Rossore
ma come per un gioco di magia o un volo di angeli nella sera si ritorna là dove sembra tutto nascere
ed entrano con noi nel Duomo
poi di nuovo all’esterno , come per rincorrersi e giocare…giorno, notte a loro sembra tutto permesso un solo istante e variano i colori
ma lo stupore e la meraviglia non smettono mai di sorriderti nell’animo
e la magia della mia città torna più forte a vibrare.
Ringrazio i fotografi di Pisatoday per alcune delle foto qui postate
e a chi se non a un grande pisano dare voce e musica alle mie parole
Pisa vista dall’alto, da una grotta del monte Serra
un abbraccio e un saluto a tutti gli amici e i lettori, mi sto “ricaricando” ci vedremo a settembre Y love you so much
Il coro a bocca chiusa della Madama Butterfly è la musica che mi accompagna in sottofondo nella dolcezza dei pensieri ogni volta che ritorno o che penso a Torre del Lago: Cio-Cio-San.quella piccola farfalla che volteggia fra le note e fiori è il ” troppo piena della memoria” che mai si corrompe
nella bella villetta della mia dolcissima madrina passavo le mie estati di bambina, il rumore del treno nella notte che mi giungeva da lontano mi era strano, nella mia casa in piena campagna non lo avevo mai ascoltato e mi accompagnava mentre tornavano alla mente le fiabe e leggende che lei mi raccontava per farmi addormentare, la ” bella addormentata” era quella che più amavo perché al mattino svegliandomi, e aprendo la finestra ne vedevo il profilo luminoso nell’alba guardando le Apuane a nord-ovest.
si racconta che nel paesino di Forno, nell’alta Garfagnana vivessero un pastore e suo figlio e che ogni mattina il profilo della “bella addormentata” fosse un tormento per il pastorello incuriosito dalla leggenda che raccontava di una bellissima giovinetta pietrificata nella montagna da una strega cattiva invidiosa della sua bellezza ( eh, ‘ste streghe, mai che vogliano farsi gli affari loro!) l’incantesimo sarebbe svanito solo se una persona coraggiosa avesse valicato i sette torrenti del diavolo e le sette rocce di spine per raggiungerla portando con se un mazzolino fresco di fiordalisi senza guarcirli. Quando fu il tempo di raccogliere i fiorellini azzurri il pastore si decise a raccoglierli e a tentare l’avventura
e partì per la montagna guidato dal volo di sette corvi. valicati i sette fiumi del diavolo e le sette rocce di spine ( dove si graffiò tutto, ma tenendo sempre i fiori in alto non li fece sciupare neanche un po’) arrivò proprio dove il profilo della fanciulla disegnava il seno e vi poggiò il mazzolino di fiordalisi.Subito il cielo diventò nero e tuoni e lampi lo squassarono, un forte terremoto spalancò la terra e ne uscì la bellissima fanciulla che manco a dirlo si precipitò sul suo eroe abbracciandolo stretto…e come finì? beh si sa, si sposarono e furono felici e contenti fino al resto dei loro giorni ( questo solo per le favole, he? allora non esistevano il divorzio e la famiglia allargata:-) )
ma veniamo a colui per cui sto scrivendo questi ricordi il maestro Giacomo Antonio Domenico Michele Secondo Maria Puccini ( he ma quanti nomi! sembra un hidalgo spagnolo) nato a Lucca nel 1858 e morto a Bruxelles nel 1924 considerato uno dei più grandi maestri d’Opera mondiale,
da 4 generazioni i Puccini erano maestri di cappella del Duomo della Repubblica lucchese. Appena fu in grado di guadagnare abbastanza, dopo il successo del suo primo capolavoro ( la Manon Lescaut) poté permettersi di costruire una villa, lo fece lontano dalla città ( che non amava) in un luogo prossimo alle sue origini Torre del Lago ( ora Torre del lago Puccini ) che lui stesso così descriveva:
Gaudio supremo, paradiso, eden, ” turris eburnea” ” vas spirituale”, reggia.
abitanti 120, case 12, Paese tranquillo con macchie splendide fino al mare popolato da ogni genere di cacciagione,
Padule immenso con tramonti lussuriosi e straordinari.
Vento dominante in estate il maestrale, in inverno il libeccio o il grecale. Oltre i suddetti 120 abitanti, i canali navigabili e le troglodite capanne di falasco ci sono molte folaghe, fischioni, tuffetti e mestoloni, certo più intelligenti degli abitanti ( era un tipo caustico, he? bello spirito, cattivo carattere, si dice, no?) perché difficili ad accostarsi.
Dicono che nella pineta “bagoli” un animale raro chiamato Antilisca. ( l’Antilisca naturalmente non esiste , il maestro aveva fatto uno scherzo ad un amico lasciandolo nella pineta per ore ad aspettare il fantomatico animale) e questo la dice lunga sul suo spirito goliardico.
amava, come avrete capito la caccia e per lui fu ideato e costruito il primo fuoristrada
La pioggia nel pineto
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove sui mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
sui ginestri folti
di coccole aulenti,
piove sui nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
l’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come un foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Gabriele D’Annunzio
in questa stessa pineta amata da Giacomo Puccini per la caccia, Gabriele D’Annunzio compose una delle sue più celebrate liriche, le atmosfere erano molto diverse da quelle odierne, la popolazione era molto povera, ancora non aveva conosciuto il boom turistico, viveva di pesca e per arrotondare nella pineta andavano a raccogliere legna da vendere e salivano sugli altissimi pini secolari per scuotere le pine, a volte facendo brutte cadute anche mortali
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questi frutti e fiori del bosco ne illeggiadriscono la rigogliosa ed esuberante natura
che arriva fino alle dune sabbiose e tocca la fine sabbia marmorea del bellissimo litorale
dove prolifica la pianta endemica della verga d’oro
ma torniamo al lago di Massaciuccoli che si estende come infiltrazione marina creando una zona paludosa che ora è parco lacustre e oasi faunistica e non è più abitato solo dalle 120 persone conosciute da Giacomo Puccini, ma è divenuta una fiorente e deliziosa cittadina dove il grande compositore sembra continuare a vivere, quasi non se ne fosse mai andato, tanto grande è l’affetto e il ricordo per lui dei torrelaghesi, tutti hanno aneddoti da raccontare tramandati dalle generazioni che si sono succedute dopo la sua morte.
un grande anfiteatro da pochi anni ampliato proprio di fronte alla villa-museo del maestro, ospita ogni anno nei mesi di luglio-agoste la grande manifestazione del Festival pucciniano, vi accorrono ospiti entusiasti da ogni parte del mondo
in questa stessa villa c’è nella sua piccola cappella la tomba del maestro
questo fu anche il luogo di una grande tragedia e scandalo nella vita di Puccini la bella Dora Manfredi nipote del barcaiolo che accompagnava Puccini alle battute di caccia alle folaghe e domestica nella villa si suicidò avvelenandosi perseguitata dalla gelosia di Elvira la moglie del compositore, aggravando ancora di più i già difficili rapporti fra i coniugi
con le prime ombre della sera che s’addensano sul lago e la musica dolcissima della Manon è tempo di salutare questo luogo incantato da cui un Grande trasse ispirazione per lasciare le sue musiche immortali ad aleggiare nei luoghi dove ha vissuto, che tanto ha amato e che sembrano davvero misteriosamente essere sempre captate oltre silenzio.
Pochi Poeti e autori riescono a rapire i miei sensi per farmi viaggiare come lui nell’In Finito , non riesco a fuggire il suo immenso fascino e quasi ad ogni suo pezzo mi si smuovono dentro parole ed emozioni, si che mi riesce facile ovviare alla gravità del peso della vita e fuggo leggera …oltre
…vorrei potesse perdonarmi questo atto d’amore verso la sua Arte
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
Giacomo Leopardi
” …chi ha ucciso quel giovane Angelo che girava senza spada” De Gregori tratto dal testo di Festival
A Luigi Tenco Angelo e…Principe mai conosciuto e…mai dimenticato!
Lontano, lontano
A questa moltitudine di cose
sedute nel selvaggio movimento delle ore
nessuno può indietro tornare
io sola
a me tolta e remota, vagabondo muta.
La musica zampilla di rosso,
violenza di pagliuzze dorate negli occhi
urlano sciami di strofe, nere nel tuono dorato
a gemere oltre, lontano…lontano
Ventisqueras
nei primi anni, prima che la manifestazione assumesse dimensioni internazionali il festival si svolgeva nella sala delle feste del Casinò municipale, fu poi trasferito al teatro Ariston
immagine emblematica di Sanremo la statua della Primavera che si trova sulla passeggiata dell’ Imperatrice, ai tempi del massimo fulgore della cittadina rivierasca dai lussuosi alberghi situati nei paraggi, la notte scendevano a piedi per recarsi al Casinò con splendidi abiti da sera, ( le signore ostentando con noncuranza gioielli da favola) gli ospiti che rappresentavano il massimo della ricchezza sfrenata dell’epoca… immagine davvero impossibile da ravvisare per i tempi che corrono, dove non bastano guardie del corpo armate a proteggere i vips che hanno sostituito la grande nobiltà di allora
Benazir Bhutto e i monaci del popolo tibetano simboli di lotta per la libertà
LIBERTA’ VERITA’ RELIGIONE
QUANTI DELITTI SI COMMETTONO NEL VOSTRO NOME
oui, JE SUIS également CHARLIE
non amavo particolarmente quel tipo di satira blasfema e spesso volgare, anche se spesso mi faceva ridere, ma questa parentesi atroce della storia fa davvero raggelare il sangue nelle vene, quindi ogni essere umano che si sente tale non può che riconoscersi in questi uomini liberi sacrificati sull’altare della mera e inutile crudeltà
Politis lachrymis ( La storia siamo noi)
Distratta si perde fra la neve la riva del fiume
d’arancio liquido l’alba irrora le cime
m’ingloba
un fitta lancinante di bellezza nel nuovo del suo grembo
mi fa embrione intrappolando
le vene con preciso salto che al vecchio
s’oppone, il nero fardello dei corvi
dall’alto in calata
sempre mi sorprende
ammutolita estasiata.Sembra distorcersi succedendosi l’aculeo nascosto
di un giorno come un altro
porta notizia dell’anno che verrà.Generali dell’aria combattono, scrollano
dai candidi racemi nelle abetaie sogni chiusi
in uno stelo di ferro per condurli alle talpe che
vivono cieche in cunicoli sottoterra
di un giardino pensile di rose canteranno
in Babilonia
ah, gli oracoli di Tiresia ora uomo
ora donna!
il flagello eterno della gente in movimento, monaci
dalla veste rossa e arancio incolonnati nell’indifferenza
dei Profeti
e dal sangue di Benazir che si coagula sul velo
bianco
mattoni oscuri il tempo assomma: si sgretoleranno
a lasciar passare quella farfalla
dal foro di fumo degli anni che verranno
e noi
che restiamo saremo
la storia
chicchi di sabbia e di grano.
Ventisqueras
Era partito per caso ( Pablo )
Era partito per caso
– forse anche lui si chiamava Pablo –
non era tornato, la chiazza d’amore, rossa sul cappello
dimenticato sopra la panca dell’orto
– erano maturati i fichi –
a fronte
una minuscola marina silenziosa
– la luna di brina… come aveva sobbalzato!-
Uccido
questa emozione di carta
alle gambe rappresa -che si fermarono
mentre camminavi e ti chiamavo Pablo
Era partito per caso
legando tutte le stelle della piccola marina
con uno spago
[ e la luna: catturata! nella tela luccicante
di un ragno aveva sobbalzato ]
ma non era tornato.
Ventisqueras
La luce cade a pezzi ( BellAmore )
Mi ascolti?
No
non ti sento
la luce cade a pezzi si scontra contro un cielo di giglio
giù dal lampione spento
si sgretola
sussulta
traballa
no
non ti sento, neanche la luce mi parla
polvere di nebbia rotola
si fa sasso di un autunno levigato di ruggine
a foglie
nessun segreto svelato dal lampione
né dalla luce che si tace, guardavo il buio dalla finestra
mi toccava una mano ( la tua? )
nascosta oppure non c’èra chissà
no
non ti ascolto
le mie dita si stanno aprendo vogliono sfiorare
quella mano che ( non) mi sta toccando
sono
rami del viburno che cerca in una strategia di vento
di passarmi l’autunno ( che mi pressa sul collo)
poi cadono a pezzi
singhiozzando
no
non ti sento
sei fatto di vento , forse domani
mi verrà da piangere
forse, chissà
Ventisqueras
stavo finendo questo post e mi ha raggiunta la notizia della morte improvvisa di Pino Daniele parlando di grandi cantautori italiani non potevo non lasciargli un ricordo e un saluto commosso in bianco-celeste i colori della sua anima napoletana, ciao Pino
negli ultimi giorni del 2o14 un altro Pino ( Mango ) anche lui da me molto amato se n’è in tutta fretta andato…che stia loro stretto questo mondo con così poca dimensione umana? forse nel loro oltre avranno una musica più intensa e lieve da cantare
una palla di luce si alza dalle acque limpidissime e presto andrà a illuminare le scogliere multicolori, annunciando ancora un giorno di Bellezza sulla nostra bella e amata Patria me ne andavo un mattino a spigolare, quando ho visto una barca in mezzo al mare…
era una barca che andava a vapore e portava la bandiera tricolore
così inizia la poesia di Luigi Mercantini ” La spigolatrice di Sapri”, idealizzata con questo monumento molto particolare che la rappresenta mentre osserva da uno scoglio lo sbarco nell’isola dei patrioti
” all’isola di Ponza si è fermata, è stata un poco poi si è ritornata/
s’è ritornata ed è venuta a terra, sceser con l’armi e a noi non fecer guerra
ma s’inchinaron per baciar la terra, ad uno ad uno li guardai nel viso, tutti avevano una lagrima e un sorriso
li disser ladri usciti dalle tane, ma non portaron via nemmeno un pane/ e li sentii mandare un solo grido: siam venuti a morir pel nostro lido
con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro un giovin camminava innanzi a loro/ mi feci ardita e presol per la mano gli domandai: “Dove vai bel capitano?”/ Guardommi mi rispose ” O mia sorella, vado a morir per la mia Patria bella/Io mi sentii tremare tutto il core, ne potei dirgli ” V’aiuti il Signore/
eran trecento eran giovani e forti e sono morti.
Carlo Pisacane, duca di san Giovanni rivoluzionario e patriota sicilano ( Napoli 22 agosto 1818-Sanza 2 luglio 1857)di ideologia socialista, partecipò attivamente all’impresa della Repubblica Romana con Giuseppe Mazzini,Goffredo Mameli e Giuseppe Garibaldi, ma è passato alla storia soprattutto per il tentativo di rivolta che iniziò a Sapri e si concluse tragicamente nel sangue a Sanza
Ancora un grandissimo italiano il maestro Riccardo Muti,che al Teatro dell’Opera di Roma, all’insistenza per un bis del “Va Pensiero” dal Nabucco di Giuseppe Verdi, fa richiesta al pubblico di cantare assieme all’orchestra e al coro l’inno che fu ritenuto il vessillo della Resistenza durante il Risorgimento italiano, e con parole forti ed accorate fa il paragone dell’attuale situazione italiana richiamando il nostro grande popolo ai suoi veri ideali e a risorgere ancora contro i mali che lo affliggono, suscitando una grandissima commozione nel pubblico e fra gli stessi artisti lirici, fino alle lacrime.
l’osservatorio meterologico a Sapri, e sotto il palazzo comunale che a me ha ricordato la casa degli Addams, ha ha, da qualche parte mi aspettavo di veder saltar fuori Morticia!!!
I miei ricordi di bambina si legano molto all’immagine di questa Poesia studiata alle elementari, desideravo conoscere i luoghi dove era morto quel” bel capitano dagli occhi azzurri e dai capelli d’oro”, scoprendo così altri luoghi magici della nostra ineguagliabile Italia, nel fare la cronostoria sono partita da Sapri dove appunto mi sono recata per prima, ma la storia aveva avuto inizio a Ponza ecco la bellissima isola in avvicinamento dall’aereo, con le sue bianche scogliere di caolino e tufo nella costa frastagliata che parlano della sua origine vulcanica insieme con i numerosi crateri spenti
man mano che prende forma il cuore prende a battere più accelerato
spalancandomisi infine in tutta la sua smagliante bellezza
il suo nome deriverebbe dal greco antico Pòntos -Hçvroc o Pòntia, ossia mare
è la maggiore delle Pontine il cui arcipelago comprendono anche le isole di
Gavi, Zannone, Palmarola,Ventotene e Santo Stefano,
situate nel Mar Tirreno, Golfo di Gaeta è a 21 miglia nautiche da San Felice Circeo.
Popolata fino dal Neolitico fu colonizzata dai Greci ,nel 312 a.c.,
poi giunsero i romani
la destinarono a luogo di confino, ma anche di villeggiatura, non si può certo dire
che non avessero un grande talento per scoprire le meraviglie della natura
e goderne in pieno!
per la vastità dell’argomento il seguito al prossimo post,
lasciandovi un saluto nel tramonto
Suoni come aromi saliti dal nulla di un ricordo
Di parole senza senso s’è rivestito, pallido
questo tremore di stelle velato dal profumo d’incenso,
per un attimo ha dilaniato il ricordo.
Aromi di sandalo speziato sulla strada che fù d’ombra
dove nuda abbandonai la mia cetra.
Si tacque il canto percosso dai rossi arcobaleni della notte
mentre il soffio del mare fioriva silenzioso sulla pelle.
uno stuolo turrito di sogni e di pensieri in tondo
mi colma gli occhi fino all’orlo
cadendo da una fitta gola di stelle muoiono le parole sulla pelle
stanno strette alla vita
che corre e scorre infinita e finita
Ventisqueras
nel primo post su Istambul vi ho narrato delle sue origini romanico-storiche, delle guerre, delle dinastie che si sono succedute fra sconfitte e vittorie
in questo post che ho intitolato ” La fiaba” vi dirò la sua visione ottomano-bizantina, quella degli harem, delle odalische e sultani, degli eunuchi e delle moschee blu, di quel lato fiabesco, appunto e romantico che vive in ogni angolo nascosto della immensa megalopoli e che ti assale e la ridimensiona , servendola su un piatto d’argento cesellato alla tua portata di essere umanomi sono perdutamente innamorata di queste lampade nel Gran Bazar, avrei voluto acquistarle tutte ( qui riaffiora il mio essere eterna bambina, Peter Pan al femminile, he he, chissà se volessi forse potrei anche volare)…dove le avrei messe? non so, forse nella mia stanza…mhhh troppe, sì, allora in giardino a far concorrenza alla luna o alle luccioline di maggio
contro il cielo rosso del tramonto e le snelle guglie dei minareti i grandi stormi delle oche selvatiche provenienti da Eliath e dirette a nord migrano con certezza assoluta cecrando la loro meta come ogni anno, io amo moltissimo le oche, mi sembra di averne già parlato in un post sull’Alaska
questo straordinario video costruito sulle note colme della malinconica bellezza del violino di Ahu Saglam grande musicista e autore turco, sembra inneggiare alla loro libertà e splendore che completa l’incanto della natura dei luoghi sorvolati…(poi che un esercito di cacciatori giunti da ogni parte di Europa ne interrompe il volo con la stolta idea di cacciarle…beh è solo un fatto che mi strazia l’anima…)
Palazzo Topkapi ( letteralmente ” La porta del cannone”)
costruito in posizione strategico-panoramica a Punta Serraglio
il palazzo fu arem e residenza dei Sultani ottomani
stupisce ad ogni angolo per la preziosità leziosa di ogni suo particolare
il maestoso ingresso al grande palazzo prelude a magiche visioni
Odalisca
Sono andata cercando catene.
-Pesanti catene per te.-
Sono andata cercando l’amore molto felice che non ha catene –per me-
ti ho cercato al mercato degli schiavi
non ti ho trovato.
Sono allora andata a vendermi al mercato degli schiavi con un fiore rosso fra i capelli
mi hai trovata.
Con catene di fiori mi hai liberata.
Ventisqueras
immaginavo un frusciare di vesti di seta
giovani voci far fiorire risate …ma chissà quante storie di gelosie ed anche di morti misteriose ad intrecciarsi
in questi ambienti ovattati e sfarzosi
dove immensi tesori sono ancora custoditi gelosamente
architettura grandiosa e contemporaneamente intimistica nei preziosi particolari
—
chissà quali occhi bellissimi si sono affacciati da queste finestre
a malincuore si lasciano alle spalle visioni magiche e sogni, ora persi in mezzo ai fiori
Ventisqueras
si dice che anche il pavimento dell’inferno sia lastricato di buone intenzioni….sì, sì, questo vale anche per me! Vorrei trascorrere più tempo sul blog, ma per ora non mi è ancora possibile, per farmi scusare solo un pochino posto un altro dei miei piccoli pensieri-emozione sulla splendida ISTAMBUL,
grazie a tutti, vi voglio bene
It is saidthat eventhe floorof hellispaved with good intentions.… Yes,Yes,this is also truefor me!I would like tospend more timeon the blog,but for nowI don’tis still possiblefor me toexcusejust a wee bitpostanother of mysmallthoughts-emotionon the beautifulIstanbul
UN PARTICOLARE GRAZIE ANCHE A SAN GOOGLE TRADUTTORE HE HE!!!!! POSSO IMMAGINARE CHE SIA QUESTO…LA FANTASIA NON HA LIMITI 🙂 OLE’
Narra la leggenda che Santa Sara la-Kali ( Sara la nera ) o Santa Sarah, venerata dalla comunità gitana dei Rom presso la città francese di Saintes-Maries-de-la-Mer, nella Camargue fosse originaria dell’Alto Egitto
fu la serva nera di Maria Salomè e Maria Iosè, presenti presso la croce di Gesù, dopo la resurrezione di Cristo, andarono alla deriva su un’imbarcazione raggiungendo infine le coste della Francia,
Sebbene sia chiamata anche con l’appellativo di Santa, non è riconosciuta come tale da nessuna delle principali confessioni religiose
i suoi abiti e gioielli sontuosi sono sempre diversi perché ad ogni anno per la festa dei Gitani il giorno del loro pellegrinaggio che è il 24 maggio le varie tribù o clan, fanno a gara per farle doni, e spesso sovrappongono regali mantelli gli uni sugli altri. i gitani giungono da ogni parte di Europa ed anche da molto più lontano, per portarla in processione
la grande massa dei gitani l’accompagna sulla spiaggia e fino dentro al mare
ricordando in questo modo lo sbarco della Santa, Sarah-la-Kali (Sara la nera) secondo alcuni potrebbe essere collegata alla divinità indiana Kali (Bhadrakali, Uma, Durga, e Syama) Questo nome concorda con l’ipotesi dell’origine indiana della comunità Rom che giunsero in Francia verso il IX secolo
Sara rappresenterebbe quindi una manifestazione sincretistica e cristianizzata della dea Kali. Non solamente il nome coincide (benché questo abbia la propria spiegazione nel suo significato letterale), bensì anche nel rituale, alcuni hanno colto coincidenze singolari: Durga, altro nome di Kali, dea della creazione, della malattia e della morte, rappresentata con il volto nero, durante un rito annuale in India viene immersa nella acque e poi fatta emergere
Sara la nera ricorda altresì il culto alla Vergine Nera, con la quale è evidentemente confusa.
Tali teorie non sono tuttavia pienamente condivise, ma fermamente negate dai sostenitori di un’origine ebraica dei Rom antecedente al periodo della loro migrazione indiana, che trovano insussistente la coincidenza del nome, che sarebbe giustificato dal suo semplice significato letterale, e del tutto insignificanti le coincidenze di rito, insistendo sulle radicali differenze tra la mitologia indiana e quella rom: per loro il rito di Sara è si una forma di sincretismo cristiano, ma con ancestrali elementi ebraici e non indiani
una delle altre leggende che parlano di Sarah la Kali, racconta invece che fu una dei primi membri del popolo Rom a professare la religione cristiana. I Rom in quel tempo praticavano ancora una religione politeista, e usavano trasportare sulle spalle la statua di Ishtar (Astarté) entrando con essa nelle acque del mare per ricevere la sua benedizione.
Altre leggende invece narrano che un giorno Sara ebbe una visione che la informava dell’arrivo delle sante donne presenti alla morte di Gesù, stavano per giungere in una barca senza remi e sarebbe stato loro compito aiutarle. Sara le vide giungere sulla loro imbarcazione, il mare era agitato e l’imbarcazione rischiava di rovesciarsi. Maria Salomè getto il suo mantello sui flutti, usandolo come un zattera, Sara ed i suoi aiutarono le Sante a raggiungere la terra ferma dove si radunarono, al fine, sulla spiaggia in una preghiera di ringraziamento.
il popolo gitano raggiunge il luogo del pellegrinaggio con i mezzi più svariati, molto colorati e pittoreschi come è nella loro tradizione, ma preferibilmente a cavallo
si accampano ovunque a sera organizzando danze e bellissime e molto rumorose feste
Santa Sarah la Kali
Santa Sara, la nera, cuore chiodato a stelle
spalanca il mantello sul seno palpitante.
L’alba dalla ruvida bocca rende spinoso il sentiero
sotto al ponte di cemento dove una morte di fiamme
famelica di giovane carne. si saziò.
Si chinò, Santa Sara la nera, raccolse silenzi di rane
e campanule azzurre della primavera
di urla strazianti: un fascio, recò di bimbi Rom,
strinse al seno scuro : tutto quello che era rimasto
di chi arse nella baracca di sterpi e canne
nell’immondizia vicino al fiume mormorante.
purtroppo la realtà di questo popolo detto anche I figli del vento per il loro continuo spostarsi non è quella colorata e gioiosa delle immagini della festa, e spesso si sente parlare di qualche incendio nei loro campi nomadi con piccole vittime innocenti lasciate da sole, incapaci di difendersi…per quelle piccole anime ho immaginato che Sarah la Kali andasse con un abbraccio a sollevarle e portarle con se negli infiniti campi del paradiso
una vecchia immagine di un raduno di gitani
non è raro che si scelga l’occasione del pellegrinaggio per celebrare anche matrimoni festosi
è risaputo che i gitani amino molto i gioielli vistosi…ma non disdegnano neppure i tatuaggi…guardate un po’ questi!
La prima citazione relativa all’abitato risale al IV secolo, da parte del poeta e geografo Festo Avieno, che segnalava un oppidum priscum Ra, un’antica fortezza dedicata a Ra, dio egizio, forse su un’isola del delta paludoso del Rodano. In era cristiana si sarebbe corrotto in ratis, cioè “battello” o “isolotto”. Da qui l’antico nome di Notre Dame de Ratis, poi Notre Dame de Radeau (isolotto) e infine Notre Dame de la Mer.
Il nome attuale risale al 1838. Le “Marie” che danno il nome al paese sono Maria Maddalena, Maria Salomé e Maria Jacobé, che secondo la leggenda sarebbero arrivate in questi luoghi assieme alla serva Sara,
–Monumento principale del paese, la chiesa ha da sempre avuto un importante funzione strategica ancor prima che religiosa.
Costruita tra i secoli IX e XI come una vera e propria fortezza serviva come torre di avvistamento e per proteggere gli abitanti dai pirati saraceni che allora imperversavano nella regione.
È composta da un’unica navata dritta, priva di ornamenti, ed è alta 15 metri. Sul tetto c’è un passaggio per la ronda con feritoie e merli. Le feritoie sono presenti anche sui muri perimetrali. Su una facciata laterale è presente una croce della Camargue.
All’interno c’è anche un pozzo di acqua dolce.
Sul fondo dell’attuale cripta vennero rinvenute, nel 1448, dei resti considerati reliquie delle due sante che furono poi bruciate durante la Rivoluzione Francese
..
Le spiagge situate ad est della cittadina composte di sabbia finissima, sono eccezionali sia per la lunghezza che per la loro notevole ampiezza.
nella locale plaza de toro) si tengono ancor oggi corride non cruente chiamate “Course à la cocarde”
.
Maries-de-la-Mer è punto di partenza per safari fotografici nelle acque paludose del delta del Rodano. Numerosi sono i possibili itinerari naturalistici in bicicletta e a cavallo.
vi si possono ammirare ancora allo stato brado i superbi cavalli bianchi della Camargue
e la danza degli aironi, qui in primo piano i bellissimi esemplari di ” large flamante”
difficile ammirare in natura qualcosa di più armonioso ed elegante
Le leggende, in un ambiente così suggestivo si susseguono, questa vuole che le paludi della Camargue fossero abitate da un terribile mostro, la tarasque che passava il tempo a terrorizzare la popolazione. Santa Marta, con la sola preghiera, lo fece rimpicciolire così tanto da renderlo innocuo, e lo condusse nella città di Tarascon. Qui però i cittadini terrorizzati uccisero povera la creatura. Come non credere che fosse esistito se anche questo tronco portato dalla marea sulla spiaggia sembra ricordarlo?
ed anche questo mio più volte ripetuto viaggio in un mondo così suggestivo e variopinto è giunto al termine, il pensiero mi riporta alla cripta colma di candele votive per Santa Sarah la-Kali con tanta nostalgia…voi non so se avrete avuto la pazienza di seguirmi fino in fondo…se lo avete fatto i miei ammirati ringraziamenti!!! 🙂
Ventisqueras
questo video bellissimo è dovuto alla creatività dell’amica Laura a cui mi unisce l’amore per l’immenso Faber
Hommage à Charles Baudelaire, ispirata da un suo verso ne ho tratto gioia per un mio piccolo omaggio
*
…je sais l’art d’évoquer les minutes heureuses…
Le lune s’infrangono di schizzi luminosi sull’alto del monte
come i canti della giovinezza nel tempo
e le mandole quando nei lieti giorni sanno far fuggire le risa
dalle loro bocche rotonde.
Quelle sere arrossate passate di baci al balcone sul fiume
dove fluttuavano rose in mulinelli d’acqua e luccioline
pigolavano di bagliori azzurri
je sais l’art d’évoquer les minutes heureuses…
così tu mi pensi tra le forme che cercano il cristallo:
desta nei prati, umida di rugiada e sogni a togliermi dagli occhi
i grumi dolorosi degli anni.
E’ a te che penso, sull’alta marea dalla pallida guancia
in lotta amorosa fra luce e grecale teso nell’erbaceo stupore
del sorriso. E ti penso crescere senza fine in gemme di sale
crepitanti alle scogliere in riflessi maturi di stelle cave
je sais l’art d’évoquer les minutes heureuses…
mentre l’ombra a folate ricade sulle labbra dischiuse.
Ventisqueras
Je sais l’art d’évoquer les minutes heureuses,
Et revis mon passé blotti dans tes genoux.
Car à quoi bon chercher tes beautés langoureuses
Ailleurs qu’en ton cher corps et qu’en ton cœur si doux?
Je sais l’art d’évoquer les minutes heureuses!
citazione da Le balcon di Charles Baudelaire
il me semble parfois que mon sang coule a flots
Un eremo di mature angosce
inerpicava alla montagna gialla:
preparava il viso a dolcissime frasi di luce
stillate
in gocciolarsi a sangue
s’incrociavano allora, parole-mare così limpideazzurre
a occhi.
Urgeva d’un falso rigore – ch’è settembre-
sulla ragnatela immobile del petto, delirio di mani
raggiunte, intrecciate, chiodate multiple
a quello che parve dirci il cielo.
Addobbammo la nostra tana d’abbracci in rose
il sangue fioriva puro, precipitando dalle stelle
immobilizzato in atomi di mercurio
ma forse
– mi dicevi-
Amore:
è solo sangue azzurro
Ventisqueras
.Il me semble parfois que mon sang coule à flots,
Ainsi qu’une fontaine aux rythmiques sanglots.
Je l’entends bien qui coule avec un long murmure,
Mais je me tâte en vain pour trouver la blessure.
citazione da La fontaine de sang di Charles Baudelaire
–Le dèmon, dans ma chambre haute est venue me voir
ti gemo a fianco:
in un sonno di mondi
e selve in fiamme.
Nella stanza alta dei cieli
mi abiti
-intrecciati e sconvolti
in sussurri di nuvole-
Sangue di nebbia
vive le tende assorte.
Certe notti di marzo
ci svegliano gli usignoli.
Ventisqueras
Le Démon, dans ma chambre haute,
Ce matin est venu me voir,
Et, tâchant à me prendre en faute,
Me dit : ” Je voudrais bien savoir,
Parmi toutes les belles choses
Dont est fait son enchantement,
Parmi les objets noirs ou roses
Qui composent son corps charmant,
citazione da Tout èntiere di Charles Baudelaire
Bientot nous plongerons dans le froides tenebres
lasciando chiarità luminosa di troppo brevi
estati .Citazione da Chant d’automne C. Baudelaire
inoltrandoci negli stagni del sangue disseccati
scorrere immobili nel sussulto di arterie esauste.
Lontano, il rumore del tempo sfiderà silenzi siderali
rotolando su pavimenti lastricati di mai dome speranze.
Immenso cantautore, grandissimo interprete, ma soprattutto UOMO LIBERO, guardava la vita dal basso, fra gli umili e gli emarginati e ne fu cantore senza falsi pietismi o false verità, niente più delle sue puttane ha dato vita a quel groviglio di violente vicissitudini da lui cantate nelle viuzze della città vecchia di Genova all’ombra complice dei caruggi, per questo le ho scelte come protagoniste della mia silloge a lui dedicata.
Puttana può essere anche la sorte o la malasorte. Fabrizio De André
—E PARE FACILE, ADESSO LA FOLLIA
e pare facile adesso la follia
quella nera
matrice secca d’amori mai nati
mai vissuti
racchiusi in grembi sconosciuti di donne
scomposte al fiume.
Estati solenni, miti di cosce esposte
a tutti i venti, risuonanti pianure sconfinate
a stoppie di gialli stinti
e pare facile adesso la follia
quella vera
tutta spatolata di vividi colori imbrattati
a rabbia sulla tela immobile della vita:
che tutto il resto passa
e si sta
solo una porta rosa
labbra aperte di donna mai presa
e mai tradita
ma per sempre distesa, languida e stranita
in un campo in mezzo ai fiori.
Caróggi [ka’rudʤ:i] (questa è la corretta grafia, sebbene talvolta sia resa anche con caruggi o carroggi, ma pure del tutto erroneamente con carrugi o carugi) è il termine con il quale in lingua genovese si indicano i caratteristici e stretti portici e/o vicoli ombrosi di molte città e paeselli della riviera ligure.
Il termine deriva da quadrivium forse con l’apporto di “carro”. Secondo taluni potrebbe derivare da carriaggi, dalla parola di lingua francese charriage (variante in lingua spagnola carruaje; latino càrrus+àticum, ovvero carràticum o carriàticum, carro+aggio).[
Distinta dal caruggio, ma ad esso accomunata dalle anguste proporzioni, è la crosa, o meglio la crêuza, mulattiera, o scalinata o ancora piccola salita che dalle alture collinari scende ripidamente a valle; se situata nei pressi del mare, spesso in prossimità di trivi (incroci di tre strade) la crêuza diventa una Crêuza de mä, ovvero una crêuza di mare, così come è stata cantata da Fabrizio De André nel brano intitolato, appunto, Crêuza de mä (e il popolare cantautore aveva precedentemente avuto occasione di dedicare una sua canzone ad uno dei principali caruggi di Genova: la via del Campo che congiunge piazza Fossatello alla via e al quartiere di Pré).
FILA-FILASTROCCA
Fu una terra magra, truccata, sospesa al lato della strada
-forse in fase discendente-
attraeva labbro inferiore di puttana amaro e senza succo
che aveva prima troppo a lungo tremato nel pianto
era stata anche lei bambina
Fila-filastrocca
-un tempo-
giro-girotondo di cangianti occhi strappati via dal vento
sotto una luna torba
la prossima volta che torno
-giuro-
non la canto più.
La cancello
SCHIAVA, SCHIAVETTA BELLA
E’ nello spreco a notte che l’alba è maledetta?
Calda
lunalucegialla dannatamente stanca ( forse una morte
per saliva in senza sangue nulla?)
Querula
di labbra siliconate oscenamente gonfie: finte
e anche la morte finge, come tutto finge qui attorno?
A soffocarsi di fumo in mani fredde tese al fuoco.
S’incantano d’umido le dita frugando una piaga che non geme
( Perché finge, come tutto finge qui attorno?)
Tutto,
(meno il dolore)
anche le tette stragonfie che temono
lo scoppio.
Gira e rigira giostra giostrella a baracchette bellecolorate
di mini-minigonne soffiate a scoprire culi sodirotondi
in senza mutande niente
per overdose di coca e di euro da lasciarsi fottere
a chi comanda a botte
e ti schianta: schiava-schiavettabella
e bellemmorta.
D’anima di lucciola
Forse
non sei, discinta bruna
( o negra )
forse
non hai, impigliato
sulla schiena
un arco di gocce
di pioggia che ti
masturbano la bocca.
forse pensi che passando
uomini
sotto la tua gonna a
campana
si rabberci la luna piena.
Ma forse non è così
e tu sei solo
fumo
di croci e di pianti
che implodono
se ti stanchi
e ti cospargi
d’acqua benedetta
i fianchi.
C’è uno strato di cera d’oro sulla tua bara
e mille papaveri rossi.
I cieli in piena si riversarono sopra di te
ti avevano prediletto.
Figlio del tuo tempo
generale di porte aperte
giaci nelle apparenze di angoli muti
in questa serenità di lucciola
oltre le pietre.
Ci serra l’istinto alla tua folgorante forza
a quel tuo puro dire di poeta, per bere ancora
del tuo vino chiaro d’inesauribile fonte
solchi di grano su cui dondolano pensieri
al suono della tua voce.
S’abbassa il cielo sulle colline, vecchio
è il sangue incrostato di terra cruda
che il sole non guarisce.
C’è uno strato di cera d’oro sulla tua bara
e mille papaveri rossi.