Conosciuta come Torre di Leandro ( In turco Kiz Kulesi- Torre della ragazza-) così chiamata perché erroneamente associata al mito di Ero e Leandro che ebbe invece come scenario i vicini Dardanelli
si trova su un piccolo isolotto nell’ingresso sud del Bosforo Üsküdar. ed è uno dei monumenti di Istambul così detti romantici ( cliccare sull’immagine per ingrandirla, vale la pena 🙂 )
Fu costruita in legno dall’imperatore Bizantino Alessio II nel 1110 per sbarrare l’ingresso del Bosforo con una catena di ferro tesa fra la torre stessa ed un’altra torre posta sulla spiaggia del quartiere di Manganae
Fu poi oggetto di numerosi restauri da parte degli ottomani finché nel 1763 fu eretta in pietra, a vederla da lontano stagliarsi contro il cielo rosso del tramonto sembra veleggiare incontro ai paesi del paradiso perduto…forse è traendo ispirazione da questa visione che ho scritto il testo che segue
…che nella pancia si rompe ( L’isola che c’è )
– Oggi è agosto –
più qua, più là
non so.
Tutto si è formato
ha preso pieno possesso
è ondulato e perverso
fino alla linea puntuta
e folle dove giunge lo sguardo
.Ora è sera-sera d’agosto-
di sopra di sotto
lo so.
Un argine s’adorna di cristallo
s’agita, s’increspa
una stella mi tocca la bocca
-la prima che è sorta-
Rapido, sapido
uno scintillare di spine mi sanguina
di niente
quel nulla che scende
contorto
dal ponte
e nella pancia si rompe.
Ventisqueras
la dolcezza del paesaggio è tale che si può essere presi alle volte da una sorta di stordimento, così la descrive Edmondo De Amicis:
“.Stanca quella successione interminabile di linee molli e di colori ridenti. E’ una monotonia di gentilezza e di grazia in cui tutto il pensiero si addormenta.
Si vorrebbe veder scorgere tutt’a un tratto sopra una di quelle rive una roccia smisurata e deformata o stendersi un lunghissimo tratto di spiaggia deserta e triste, sparsa degli avanzi di un naufragio”
situata al centro di questo quartiere storico di origini genovese con strade piccole, buie, strette e magiche forse è il punto culminante delle fortificazioni della grande Repubblica Marinara di Genova ed è la torre di Galata ( he già, Romani, Veneziani, Genovesi, anche la Repubblica di Pisa, il Ducato di Amalfi, la Repubblica di Ancona, il Ducato di Gaeta ebbero colonie commerciali a Costantinopoli e parte sostanziosa nello sviluppo e nel commercio fra occidente ed oriente)
Contemplare la torre nella notte, illuminata, è una vera meraviglia. E’ sopravvissuta a diversi terremoti e quando gli abitanti di Istanbul demolirono, nel XIX secolo, le mura genovesi, permisero che questa torre di favola rimanesse in piedi. E’ possibile prendere un thè per meno di un euro all’ottavo piano e, dall’alto, la vista a 360° della città è superlativa .
Chissà che non sia proprio la possibilità di rievocare un tempo lontano, nel quale la città era circondata da villaggi, amici o invasori, ponti e porti, a rendere questa parte di Istanbul così straordinaria. Dalla torre Galata i genovesi probabilmente osservavano questo misterioso popolo ottomano che viveva nella città con il porto più importante del mondo. Da una parte l’Europa, dall’altra l’Asia e nel centro Istambul
spesso i colori del cielo e del mare del Bosforo scintillano di tutte le sfumature dell’oro e allora la città che io amo definire” liquida” si trasforma in liquido oro emergendo intatta dall’enorme crogiolo di una strega
interessante farsi le due rive del Bosforo andando con un battello da una sponda all’altra con partenza da Besiktas fino al villaggio Anadolu Kavagi. Basterà acquistare un biglietto, confondersi con i turisti, e scoprire un’altra dimensione di Istanbul. Prima tappa, dopo aver superato il palazzo Ciragan (attualmente l’hotel più lussuoso della città)
e saremo ad Ortakoy con la Moschea Kalenderhane , una ex chiesa ortodossa convertita in moschea dagli Ottomani
Questo edificio rappresenta uno tra i pochi esempi ancora esistenti di chiesa bizantina con pianta a croce greca
emozionante di notte il passaggio sotto il grande ponte inaugurato nel 1973
per raggiungere la riva asiatica a Beylerbeyi che può vantare uno dei palazzi ottomani più belli ed altre preziosità qui sopra documentate
ringrazio per questa magica foto LucianoVettorato
Ho sognato della mia bella
m’è apparsa sopra i rami
passava sopra la luna
tra una nuvola e l’altra
andava e io la seguivo
mi fermavo e lei si fermava
la guardavo e lei mi guardava
e tutto è finito qui.
Nazim Hikmet
che cosa di più dolce per chiudere un post su” Istambul città romantica” di una Poesia d’amore scritta da un suo figlio?
questa veduta panoramica evidenzia la lunghezza e l’importanza dei ponti, sempre congestionati da un traffico che sembra impazzito,
tra suoni di clacson e stridore di gomme
ma nello splendore di visioni fiabesche si accetta tutto di buon grado!
infrastrutture efficienti e modernissime
come si conviene ad una megalopoli quale è Istambul
ma l’autentica ” chicca” che ho trovato è quella che mi fa inorgoglire dell’appartenenza al popolo italico nel nome di quello che è universalmente riconosciuto il più grande genio mai esistito al mondo Leonardo Da Vinci.Nel 1502 produsse un progetto per un ponte sul Corno d’oro della lunghezza di 240 metri e largo otto metri per incarico del sultano Bavezid II.
Nel maggio 2006 è stato annunciato che il primo ministro turcoRecep Tayyip Erdoğan ed il sindaco di Istanbul, hanno deciso di realizzare il ponte progettato da Leonardo, a seguito di studi di pianificazione urbanistica e fattibilità avviati sin dal 1999. Così, dopo oltre cinque secoli, il progetto del genio rinascimentale troverà realizzazione nello stesso luogo e con lo stesso profilo progettuale e dimensioni che aveva in origine, sollevandosi dal filo delle acque sino ad un’altezza di 24 metri, come previsto negli schizzi di Leonardo
ma ciò che più sorprende è che il ponte è stato realizzato in scala ridotta, ma perfettamente aderente al progetto di Leonardo, nella piccola cittadina di As in Norvegia, poco distante da Oslo, la sola differenza è che mentre l’originale era previsto in pietra, questo è un passaggio pedonale in legno che attraversa l’autostrada e-18
//
Per cinquecento anni la bellezza e il simbolismo dell’aggraziato ponte di Leonardo da Vinci inteso a congiungere l’insenatura del Corno d’Oro in Istanbul (allora Constantinopoli), era rimasto un oscuro, minuscolo disegno in un angolo di uno dei voluminosi quaderni di Leonardo, fino a quando , nel 1995, un artista norvegese contemporaneo, Vebiord Sand, vide il disegno a una mostra di opere d’ingegneria di Leonardo. Fu colpito dalla grazia e dall’eloquenza matematica della struttura. Al suo ritorno ad Oslo, fece la proposta di costruire il progetto al Ministero dei Trasporti pubblici norvegese che capirono immediatamente il suo significato artistico e storico e dettero il via al progetto.
qui è ripetuto in una suggestiva costruzione in ghiaccio ad Oslo
ed ora abbandoniamo questa parentesi storico-culturale per rituffarci nell’atmosfera dei grandi monumenti di Istambul, mi piace farlo inoltrandomi da quella che è chiamata La porta d’Oriente
MOSCHEA DI SULEYMANIYE
Certo la moschea di Solimanoè una delle più grandiose e famose dell’intero islam, giungendoci difronte mi sono sentita un moscerinoforse anche l’edificio più bello, costruito fra il 1550/57 dall’architetto Sinan, anche lui come la sua creatura il più grande e il più famoso dell’islam
quasi contemporaneo di Michelangelo, Sinan nacque nel 1491 a Karaman da famiglia forse greca e certamente non musulmana. Addestrato nel corpo dei Giannizzeri e combattente in Austria, Baghdad, Corfù e Puglia, nel 1538 fu nominato dal sultano Suleiman architetto della Dimora della Felicità. Da allora, per cinquant’anni, progetto un numero infinito di edifici, molti dei quali ancora esistenti.
queste immagini pur così spettacolari forse neanche riescono a rendere a pieno le sue dimensioni
Nell’atrio si ammirano 24 colonne di marmo bianco e granito rosa, che sorreggono 28 cupole e una fonte di purificazione a forma quadrata, nella quale i fedeli, prima di varcare la soglia della moschea devono lavarsi accuratamente mani, viso, denti, estremità inferiori
Guardandolo dal Corno d’Oro, da ancor più un’impressione di grande monumentalità. L’esterno corrisponde esattamente alle divisioni spaziali interne e all’insieme dei contrafforti, archi e volte necessari a produrle. Nei grandi timpani a est e a ovest è evidente l’influenza di Santa Sofia; ma, anche senza le aggiunte posteriori, Santa Sofia non esprimeva così chiaramente all’esterno la complessità, molto maggiore, delle sue divisioni interne.
l’interno è un immenso salone rettangolare (m 57 x 60), col pavimento letteralmente ricoperto di tappeti in doppio strato (sotto quelli antichi, sopra altri di fabbricazione più recente
Lo sguardo corre subito alla possente cupola alta 53 metri, ridiscende alle gallerie riservate alle personalità, risale alle cupole minori,
si sofferma sulle quattro antiche colonne di porfido alte nove metri ricavate da un unico blocco che separano la navata centrale da quelle laterali.
l’interno può ospitare fino a 5000 persone!
La luce che filtra dalle 136 finestre illumina il marmo, il porfido e le preziose maioliche di questo tempio estremamente armonioso. Appeso, si distende a ruota un gigantesco lampadario formato da centinaia di scodelline di vetro che un tempo venivano riempite di olio e acqua.
spostandosi da un lato all’altro dell’immensa sala si può avere l’impressione -confermata da questa immagine- che cambino i colori dell’insieme// dietro la moschea si trova un cimitero con i mausolei (türbe) del sultano Solimano e della sua favorita Rosellana. La türbe del sultano è una costruzione ottagonale, probabilmente anch’essa opera di Sinan, circondata da un colonnato con maioliche e finestre multicolori. La cupola è sostenuta da otto colonne di porfido ed è ornata a profusione di smeraldi e cristalli di rocca ( tanto per non farsi mancare proprio nulla 🙂 )
Solimano e Rosellana
Le ossa sono amiche fragili
lentamente cedono al tempo nei grandi sepolcri chiari
ma il tempo non discioglie nell’occhio di un Dio in fiore
il ricordo degli amanti
e nemmeno questa lacrima che è acre di terra
dimentica i colori eterni del mare di Bisanzio
Ventisqueras
ed ancora uno sguardo da lontano a questa magnifica città per ringraziarvi di avermi ancora seguito nelle mie ” variazioni sul tema”
Tremila anni di storia ci scorrono davanti, il Corno d’oro è il lungo fiordo che divide in due la città d’ Istambul
Nei tempi antichi l’entrata in questa lingua di mare era impedita da una grossa catena che veniva tirata da Costantinopoli fino alla torre di Galata.
Solo 3 volte nella sua storia navi nemiche riuscirono a eludere l’ostacolo: ad esempio durante l’assedio di Galata che portò alla caduta di Costantinopoli nel 1453.
ma la modernità avanza tra le onde di un canale dove il traffico si adegua a quello delle strade.
Risalendo il Corno d’Oro – Verso Nord scorrono vecchi cantieri ottomanni, il quartiere ebraico. A Eminonu, scalo marittimo nei pressi del Bazar Egiziano si comincia ad annusare il Bosforo
le rutilanti visioni notturne così intense e colorate mettono addosso uno strano smarrimento come se la testa pressata fra passato e presente restasse indecisa quale via scegliere
ma poi si capisce che non c’è niente da scegliere ma solo da attingere a piene mani da ogni scorcio, da ogni visione che stupefacente si sussegue e ti fa sentire ogni volta diversamente felice
Piercing e tatuaggi, turban o veli neri. Negozi griffati o griglie di pannocchie tutto in un piacevole caos che mi distrae dal preciso percorso che mi ero prefissa
Il gran Bazar
et voilà! si passeggia in mezzo a mucchi e a torri di broccati di Bagdad, tappeti di Caramania,
sete di Brussa, mussoline del Bengala, scialli di Madras, in questo gigantesco labirinto di strade si allineano da cinque a seimila negozi! oltre che ristoranti, Moschee, stazioni di polizia, banche…
cuscini arabescati d’oro, vaporosi veli di seta in cui il chermisino, il blu, il verde il giallo si avvicinano e s’intrecciano con armonia e ardimento, tappeti con intessuti versetti del corano, caffettani di velluto rosso contornati d’ermellino e coperti di stelle, ampi calzoni rosa e viola che richiamano gli harem e le odalische profumate
devo confessare che passando di fronte a vetrine come questa ( il turchese è una delle mie pietre preferite), ho dovuto tenere a bada il feroce istinto di assaltare il negozio ha ha ha!
e ancora intenta a scrutare le lampade multicolori certa che ne sarebbe uscito il Genio di Aladino anche senza strofinarla e che magari mi avrebbe permesso di avere tutti quei gioielli di turchese senza assaltare il negozio 🙂 hi hi hi
il profumo delle spezie esposte in bella mostra stordisce e insieme allieta il girovagare piacevolmete senza una meta precisa
lasciandosi trasportare dalla marea della folla che vociando in diverse lingue contribuisce a fare una piacevole confusione nei pensieri
L’aria sa di narghilè come dello strato bruciato dell’ultimo kebab al baracchino del porto. Istanbul dal mare è l’eco della preghiera del muezzin che sale alta e si fonde con la radio dei vaporetti.
Piccole perle di luce ( Ricordi)
prendo appunti sulla punta delle dita
per stendere tra le finestre dei sottotetti
il bisbiglio delle stelle che gocciano di luce
la melodia dei ricordi che batte tasti silenziosi
il vento passa sulle soglie addormentate
a elemosinare piccole perle innaffiate
dalla malinconia dei giorni asciutti
dietro le trasparenze dei vetri.
Ventisqueras
Detesto non solo le celle della prigione, ma anche quelle dell’arte, dove si sta in pochi o da soli, sono per la chiarezza senza ombre del sole allo zenit, che non nasconde nulla del bene e del male. Se la poesia regge a questa gran luce, allora è vera poesia.
NAZIM HIKMET
Istanbul città liquida se ce n’è una, 35 chilometri che un tempo erano la trafficata quotidianità di mercanti e conquistatori: oggi una passerella lungo villaggi di pescatori, moschee, porticcioli invasi da stuoli di turisti curiosi.
come non cedere all’invito di lasciarsi ammaliare dalla sensualissima danza del ventre?
per salutarvi in questo post che vorrei definire di tematiche “leggere” qualche immagine che definirei “curiosa”
🙂
he he he buon riposo!
questo micetto è da bacio! grazie dell’attenzione, un grande abbraccio
e riprendiamo a camminare per le strade di questa immensa città che, unica al mondo poggia le sue fondamenta su due diversi continenti: Europa ed Asia qui si osservano, si confrontano attingono l’una dall’altra i diversi aspetti, le diverse tradizioni e culture. Purtroppo spesso capita che questi progressi faticosamente conquistati vengano nuovamente posti in discussione, come sta succedendo in questo momento in Turchia, un nuovo aspirante dittatore vuole regredire ritornando ai secoli bui del fondamentalismo, Confido sulla freschezza di idee della sua bella gioventù e sul movimento studentesco che uniti globalmente al grande popolo virtuale di Internet possano sconfiggere questo attentato alla loro Libertà di espressione e di cultura
Senz’altro uno dei più eccelsi monumenti di Istambul è la Moschea blu: il nome le viene dal colore dei mosaici e dei decori che prevalgono al suo interno
Fu fatta costruire dal sultano Ahmed I tra il 1609 e il 1617 da Mehmet Aga un cristiano nato in Europa, Poco prima l’impero aveva subito una sconfitta disastrosa
e forse il giovane sovrano ( aveva solo 19 anni) voleva placare Dio e farsi perdonare le clamorose dissolutezze, decise quindi di costruire la Ahmediye Cami meglio conosciuta come Moschea blu o Moschea azzurra
gli Ulama protestarono quando si decise di costruirla perché veniva finanziata dal tesoro di stato e non come era consuetudine, dal bottino di guerra
uno degli spettacoli più grandiosi ed affascinanti di questa moschea si può osservare nel periodo del Ramadam, con l’accensione delle miriadi di fiaccole votive
Il Sufi, la danza del Cosmo, praticata dai Dervisci da me già osservata nel deserto del Sahara ( in quell’occasione scrissi il testo che ripresento, acquista qui un ulteriore fascinoso mistero). Suggestiva e magica la spiegazione che ne viene esaustivamente data nello splendido video
Derviscio
T’immagino gli occhi d’un mare tempestoso
Derviscio intravisto tra una fase lunare e l’altra,
gettata al ghibli la tua veste bianca
hai chiuso il messale
dove celavi le tue domande oscure
ora
tentennano maledizioni rosse
sul rosso del tuo fez
declinavi rosari spinosi di meditazioni sommesse
a colmare la notte intera
roteando roteando
poi ti si è tutto annebbiato, qua e là svaporato
neve e calce nelle ossa, gelo sulla bocca
s’allunga l’ombra sul tuo nudo pensiero
mentre il ghibli senza sosta sconvolge ogni mistero
perché dagli Dei non è consentito di certezze
nient’altro che una sola:
la vita
roteando
roteando, roteando
la vita, il mistero più grande lascia spazio
all’eternità.
Ventisqueras
credo che la parte più curiosa della citta sia quella sotterranea, rappresentata dalle Cisterne. Sorte numerose nel periodo bizantino per sopperire alla mancanza d’acqua in caso d’assedio, questi enormi serbatoi, spesso realizzati con materiali di recupero, sono una vera scoperta. La più famosa è la Yarebatan Sarayi la Cisterna Basilica
una sala di 140 metri di lunghezza per 70 di larghezza, coperta da un soffitto a volte sorretto da 336 colonne. Una passerella permette di raggiungerne il fondo,
dove si trovano due blocchi di marmo con un bassorilievo della Medusa.
un favoloso ciclo di mosaici e affreschi del XIV sec. decora gli interni della Chiesa di San Salvatore in Chora , cioè “fuori le mura”, cosi chiamata perché sorgeva all’esterno delle mura erette da Costantino.
Trasformata in museo è, dopo Aya Sofya, il più rappresentativo dei monumenti bizantini di Istanbul.
Tra i pannelli più pregevoli della chiesa, nota anche come Kariye Müzesi, spiccano quelli della navata centrale, restaurati tra il 1948 e il 1959 a opera della Byzantine Society of America, raffiguranti Cristo e l’Assunzione della Vergine.
Mentre l’affresco più spettacolare è senz’altro quello del Giudizio Universale che decora il parecclesion, la cappella che ospita le tombe dei Eondaton della chiesa.
ed ecco una serie di chiese a stigmatizzare la vastità delle diverse religioni che convivono pacificamente in Istambul:sopra quella cristiana di San Sergio e Bacco,( Kukuc Aya) Sosya Cami o Piccola santa Sofia, costruita in onore dei due martiri che furono soldati romani cristiani di alto grado e che morirono per non abiurare la loro fede
( Santa Trinità) Hagia Triada, costruita nel 1880 è considerato il più grande santuario greco-ortodosso ancora in uso da parte di una piccola comunità che conta circa 150 fedeli
Hagia Eirene ( Santa Irene, in turco Aya Irinii) fu probabilmente ricostruita in un sito precristiano, è stata infatti la prima chiesa in Costantinopoli, voluta dall’Imperatore Costantino ( e in seguito restaurata da Giustiniano) dedicata alla Pace di Dio, è una delle tre da lui volute con attributi divini : Hagia Sophia -la saggezza, Hagia Dynamus- la forza
Theokotokos Pammacaristos ( Beata Madre di Dio) chiesa greco-ortodossa in seguito divenuta moschea e nota come Fetyia camii, oggi in parte museo
Cristus Rex, cristiano-armena, situata in incantevole posizione panoramica fa parte delle 35 chiese del Patriarcato armeno di Istambul e dintorni
Meditazione
Aria d’acqua tuona il cielo cupo
passano rombando code di comete
avvolte in aghi di ghiaccio
straziano carni che sanguinano
altrove, dove l’universo è puro
S’imbianca il silenzio negli scavi d’ombra
-nidificano le case-
ed ognuno è solo
solo con la sua morte
nell’univocità dell’infinito
uno stuolo turrito di sogni e di pensieri in tondo
mi colma gli occhi fino all’orlo
cadendo da una fitta gola di stelle muoiono le parole sulla pelle
stanno strette alla vita
che corre e scorre infinita e finita
Ventisqueras
nel primo post su Istambul vi ho narrato delle sue origini romanico-storiche, delle guerre, delle dinastie che si sono succedute fra sconfitte e vittorie
in questo post che ho intitolato ” La fiaba” vi dirò la sua visione ottomano-bizantina, quella degli harem, delle odalische e sultani, degli eunuchi e delle moschee blu, di quel lato fiabesco, appunto e romantico che vive in ogni angolo nascosto della immensa megalopoli e che ti assale e la ridimensiona , servendola su un piatto d’argento cesellato alla tua portata di essere umanomi sono perdutamente innamorata di queste lampade nel Gran Bazar, avrei voluto acquistarle tutte ( qui riaffiora il mio essere eterna bambina, Peter Pan al femminile, he he, chissà se volessi forse potrei anche volare)…dove le avrei messe? non so, forse nella mia stanza…mhhh troppe, sì, allora in giardino a far concorrenza alla luna o alle luccioline di maggio
contro il cielo rosso del tramonto e le snelle guglie dei minareti i grandi stormi delle oche selvatiche provenienti da Eliath e dirette a nord migrano con certezza assoluta cecrando la loro meta come ogni anno, io amo moltissimo le oche, mi sembra di averne già parlato in un post sull’Alaska
questo straordinario video costruito sulle note colme della malinconica bellezza del violino di Ahu Saglam grande musicista e autore turco, sembra inneggiare alla loro libertà e splendore che completa l’incanto della natura dei luoghi sorvolati…(poi che un esercito di cacciatori giunti da ogni parte di Europa ne interrompe il volo con la stolta idea di cacciarle…beh è solo un fatto che mi strazia l’anima…)
Palazzo Topkapi ( letteralmente ” La porta del cannone”)
costruito in posizione strategico-panoramica a Punta Serraglio
il palazzo fu arem e residenza dei Sultani ottomani
stupisce ad ogni angolo per la preziosità leziosa di ogni suo particolare
il maestoso ingresso al grande palazzo prelude a magiche visioni
Odalisca
Sono andata cercando catene.
-Pesanti catene per te.-
Sono andata cercando l’amore molto felice che non ha catene –per me-
ti ho cercato al mercato degli schiavi
non ti ho trovato.
Sono allora andata a vendermi al mercato degli schiavi con un fiore rosso fra i capelli
mi hai trovata.
Con catene di fiori mi hai liberata.
Ventisqueras
immaginavo un frusciare di vesti di seta
giovani voci far fiorire risate …ma chissà quante storie di gelosie ed anche di morti misteriose ad intrecciarsi
in questi ambienti ovattati e sfarzosi
dove immensi tesori sono ancora custoditi gelosamente
architettura grandiosa e contemporaneamente intimistica nei preziosi particolari
—
chissà quali occhi bellissimi si sono affacciati da queste finestre
a malincuore si lasciano alle spalle visioni magiche e sogni, ora persi in mezzo ai fiori
Ventisqueras
si dice che anche il pavimento dell’inferno sia lastricato di buone intenzioni….sì, sì, questo vale anche per me! Vorrei trascorrere più tempo sul blog, ma per ora non mi è ancora possibile, per farmi scusare solo un pochino posto un altro dei miei piccoli pensieri-emozione sulla splendida ISTAMBUL,
grazie a tutti, vi voglio bene
It is saidthat eventhe floorof hellispaved with good intentions.… Yes,Yes,this is also truefor me!I would like tospend more timeon the blog,but for nowI don’tis still possiblefor me toexcusejust a wee bitpostanother of mysmallthoughts-emotionon the beautifulIstanbul
UN PARTICOLARE GRAZIE ANCHE A SAN GOOGLE TRADUTTORE HE HE!!!!! POSSO IMMAGINARE CHE SIA QUESTO…LA FANTASIA NON HA LIMITI 🙂 OLE’