Il troppo pieno della memoria
é il lontano rumore del treno che si frange
nel sempre nuovo e antico dilatarsi dell’alba
è il profilo di neve della ” bella addormentata”
nel troppo pieno della memoria
che goccia di stille
piccole stelle dalla notte dimenticate
o consapevoli lacrime:
sono
soltanto,
lentamente esistono fra queste luci spente
è la strada che va avanti
mentre il tempo slitta dolcemente.
Ventisqueras
Il coro a bocca chiusa della Madama Butterfly è la musica che mi accompagna in sottofondo nella dolcezza dei pensieri ogni volta che ritorno o che penso a Torre del Lago: Cio-Cio-San.quella piccola farfalla che volteggia fra le note e fiori è il ” troppo piena della memoria” che mai si corrompe
nella bella villetta della mia dolcissima madrina passavo le mie estati di bambina, il rumore del treno nella notte che mi giungeva da lontano mi era strano, nella mia casa in piena campagna non lo avevo mai ascoltato e mi accompagnava mentre tornavano alla mente le fiabe e leggende che lei mi raccontava per farmi addormentare, la ” bella addormentata” era quella che più amavo perché al mattino svegliandomi, e aprendo la finestra ne vedevo il profilo luminoso nell’alba guardando le Apuane a nord-ovest.
si racconta che nel paesino di Forno, nell’alta Garfagnana vivessero un pastore e suo figlio e che ogni mattina il profilo della “bella addormentata” fosse un tormento per il pastorello incuriosito dalla leggenda che raccontava di una bellissima giovinetta pietrificata nella montagna da una strega cattiva invidiosa della sua bellezza ( eh, ‘ste streghe, mai che vogliano farsi gli affari loro!) l’incantesimo sarebbe svanito solo se una persona coraggiosa avesse valicato i sette torrenti del diavolo e le sette rocce di spine per raggiungerla portando con se un mazzolino fresco di fiordalisi senza guarcirli. Quando fu il tempo di raccogliere i fiorellini azzurri il pastore si decise a raccoglierli e a tentare l’avventura
e partì per la montagna guidato dal volo di sette corvi. valicati i sette fiumi del diavolo e le sette rocce di spine ( dove si graffiò tutto, ma tenendo sempre i fiori in alto non li fece sciupare neanche un po’) arrivò proprio dove il profilo della fanciulla disegnava il seno e vi poggiò il mazzolino di fiordalisi.Subito il cielo diventò nero e tuoni e lampi lo squassarono, un forte terremoto spalancò la terra e ne uscì la bellissima fanciulla che manco a dirlo si precipitò sul suo eroe abbracciandolo stretto…e come finì? beh si sa, si sposarono e furono felici e contenti fino al resto dei loro giorni ( questo solo per le favole, he? allora non esistevano il divorzio e la famiglia allargata:-) )
ma veniamo a colui per cui sto scrivendo questi ricordi il maestro Giacomo Antonio Domenico Michele Secondo Maria Puccini ( he ma quanti nomi! sembra un hidalgo spagnolo) nato a Lucca nel 1858 e morto a Bruxelles nel 1924 considerato uno dei più grandi maestri d’Opera mondiale,
da 4 generazioni i Puccini erano maestri di cappella del Duomo della Repubblica lucchese. Appena fu in grado di guadagnare abbastanza, dopo il successo del suo primo capolavoro ( la Manon Lescaut) poté permettersi di costruire una villa, lo fece lontano dalla città ( che non amava) in un luogo prossimo alle sue origini Torre del Lago ( ora Torre del lago Puccini ) che lui stesso così descriveva:
Gaudio supremo, paradiso, eden, ” turris eburnea” ” vas spirituale”, reggia.
abitanti 120, case 12, Paese tranquillo con macchie splendide fino al mare popolato da ogni genere di cacciagione,
Padule immenso con tramonti lussuriosi e straordinari.
Vento dominante in estate il maestrale, in inverno il libeccio o il grecale. Oltre i suddetti 120 abitanti, i canali navigabili e le troglodite capanne di falasco ci sono molte folaghe, fischioni, tuffetti e mestoloni, certo più intelligenti degli abitanti ( era un tipo caustico, he? bello spirito, cattivo carattere, si dice, no?) perché difficili ad accostarsi.
Dicono che nella pineta “bagoli” un animale raro chiamato Antilisca. ( l’Antilisca naturalmente non esiste , il maestro aveva fatto uno scherzo ad un amico lasciandolo nella pineta per ore ad aspettare il fantomatico animale) e questo la dice lunga sul suo spirito goliardico.
amava, come avrete capito la caccia e per lui fu ideato e costruito il primo fuoristrada
La pioggia nel pineto
Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove sui pini scagliosi ed irti, piove sui mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, sui ginestri folti di coccole aulenti, piove sui nostri volti silvani, piove sulle nostre mani ignude, sui nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l’anima schiude novella, su la favola bella che ieri l’illuse, che oggi m’illude, o Ermione Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitio che dura e varia nell’aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, nè il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immersi noi siam nello spirto silvestre, d’arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come un foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione. |
Gabriele D’Annunzio
in questa stessa pineta amata da Giacomo Puccini per la caccia, Gabriele D’Annunzio compose una delle sue più celebrate liriche, le atmosfere erano molto diverse da quelle odierne, la popolazione era molto povera, ancora non aveva conosciuto il boom turistico, viveva di pesca e per arrotondare nella pineta andavano a raccogliere legna da vendere e salivano sugli altissimi pini secolari per scuotere le pine, a volte facendo brutte cadute anche mortali
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questi frutti e fiori del bosco ne illeggiadriscono la rigogliosa ed esuberante natura
che arriva fino alle dune sabbiose e tocca la fine sabbia marmorea del bellissimo litorale
dove prolifica la pianta endemica della verga d’oro
ma torniamo al lago di Massaciuccoli che si estende come infiltrazione marina creando una zona paludosa che ora è parco lacustre e oasi faunistica e non è più abitato solo dalle 120 persone conosciute da Giacomo Puccini, ma è divenuta una fiorente e deliziosa cittadina dove il grande compositore sembra continuare a vivere, quasi non se ne fosse mai andato, tanto grande è l’affetto e il ricordo per lui dei torrelaghesi, tutti hanno aneddoti da raccontare tramandati dalle generazioni che si sono succedute dopo la sua morte.
un grande anfiteatro da pochi anni ampliato proprio di fronte alla villa-museo del maestro, ospita ogni anno nei mesi di luglio-agoste la grande manifestazione del Festival pucciniano, vi accorrono ospiti entusiasti da ogni parte del mondo
in questa stessa villa c’è nella sua piccola cappella la tomba del maestro
questo fu anche il luogo di una grande tragedia e scandalo nella vita di Puccini la bella Dora Manfredi nipote del barcaiolo che accompagnava Puccini alle battute di caccia alle folaghe e domestica nella villa si suicidò avvelenandosi perseguitata dalla gelosia di Elvira la moglie del compositore, aggravando ancora di più i già difficili rapporti fra i coniugi
con le prime ombre della sera che s’addensano sul lago e la musica dolcissima della Manon è tempo di salutare questo luogo incantato da cui un Grande trasse ispirazione per lasciare le sue musiche immortali ad aleggiare nei luoghi dove ha vissuto, che tanto ha amato e che sembrano davvero misteriosamente essere sempre captate oltre silenzio.
Ventisqueras